Il Tar è intervenuto e ha deliberato la conferma della sanzione dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) da 750 mila euro nei confronti di Meta in seguito all’apparizione di pubblicità relativa al gioco d’azzardo indirizzata tramite sistemi di targeting adv di Facebook a un pubblico italiano. Il Tar ha anche confermato l’obbligo richiesto da Agcom a Meta di bloccare queste pubblicità illecite secondo il principio del notice and take down.
La pronuncia del Tar è arrivata per rigettare il ricorso di Meta Platform Irelands nei confronti della delibera con cui Agcom aveva sanzionato la società.
La società irlandese sostiene che “Agcom pretende di fatto che Meta Platforms Ireland sorvegli attivamente i contenuti sponsorizzati e perciò le impone di adattare il proprio modello di business a un nuovo regime di responsabilità”. In pratica Meta sostiene che la decisione dell’Agcom non sia sostenibile in quanto la obbligherebbe a introdurre una sorta di filtro per escludere la possibilità che il gioco d’azzardo venga pubblicizzato in Italia. Inoltre, Meta si ritiene un hosting provider passivo e quindi non sottoposto ad obblighi simili in quanto svincolato da responsabilità “editoriali” sui contenuti che gli utenti caricano.
Con l’ordinanza in questione il Tar ha dato ragione ad Agcom dimostrando che, come indicato nelle condizioni generali del servizio, Meta consente la pubblicità del gioco d’azzardo previa autorizzazione scritta da parte loro. Quindi secondo tali condizioni Meta era a conoscenza che si trattasse di quel genere di pubblicità e che la pubblicità sul gioco d’azzardo in Italia è vietata dal Decreto Dignità.
“La sentenza del Tar conferma ancora una volta l’importanza del ruolo regolatorio svolto da Agcom per imporre anche ai colossi del web il rispetto delle leggi e un maggior controllo dei contenuti che circolano in rete. Contro la piaga del gioco d’azzardo non sono ammissibili leggerezze”, afferma il Commissario Agcom, Massimiliano Capitanio.
Quanto deciso dimostra la volontà di imporre livelli di responsabilità più elevati alle big tech sulle proprie attività e sui propri servizi e sta inaugurando una nuova tendenza giurisprudenziale.
(S.F.)