Poiché l’ottimizzazione per l’AI è diventata un elemento chiave per ottenere visibilità e rilevanza, oggi le aziende devono rivedere le proprie strategie digitali. Non basta più adottare nuove tecnologie, ma serve un vero e proprio cambio di paradigma, con contenuti centrati sull’AI e siti web ripensati come fonti di dati per i modelli linguistici.
Alcuni aspetti tecnici, come la velocità di caricamento e il codice utilizzato, influenzano la visibilità nei risultati AI e rendono insufficiente la SEO tradizionale. I nuovi approcci, come l’AIO (Artificial Intelligence Optimization), l’AEO (Answer Engine Optimization) e la GEO (Generative Engine Optimization), richiedono contenuti chiari, accessibili e strutturati per poter essere letti dall’AI.
La crescita della “ricerca a clic zero” riduce il traffico verso i siti aziendali, spingendo i marketer a produrre contenuti capaci di informare sia le persone sia l’Intelligenza Artificiale, mantenendo una narrazione coinvolgente specialmente sui social media.
Le aziende più avanzate analizzano i prompt più frequenti, sviluppano microcontenuti per i Large Language Models (LLM), e istituiscono chatbot interni che, oltre a fornire risposte, si occupano anche della raccolta di dati utili.
Da una ricerca svolta dalla società di consulenza Bain emerge un dato estremamente rilevante per il marketing: il 42% degli utenti che utilizzano regolarmente l’Intelligenza Artificiale generativa lo fa anche per ricevere consigli d’acquisto.
Tuttavia, nonostante la crescita impressionante dell’uso di strumenti come ChatGPT, Google rimane dominante nelle ricerche e la fiducia verso l’AI è ancora limitata: solo il 15% dei consumatori si dichiara disposto a condividere dati finanziari con questi strumenti.
S.B.