La Corte di Cassazione ha confermato che l’utilizzo di insulti, linguaggio offensivo o contenuti controversi sui social media da parte di un dipendente, sia che avvenga durante l’orario di lavoro che al di fuori di esso, può giustificarne il licenziamento. Il provvedimento tutela il dovere del datore di lavoro di proteggere l’immagine aziendale, considerata un bene immateriale di fondamentale importanza, che potrebbe subire danni da messaggi considerati inappropriati dalla comunità online.
In particolare, se all’interno dell’azienda esiste una Social media policy, essa assume un ruolo chiave nel regolamentare il comportamento dei dipendenti sui social network. Questo regolamento diventa uno strumento essenziale per gestire in modo efficace la comunicazione digitale all’interno dell’azienda.
La sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che il potere decisionale del datore di lavoro non è limitato alle sole azioni direttamente legate al lavoro svolto, ma può estendersi anche a eventi o situazioni esterne che influenzano indirettamente l’immagine e la reputazione aziendale.
Nel caso specifico, un dipendente è stato licenziato per aver pubblicato frasi poco educate ed offensive sul proprio profilo social, commentando un dibattito sulla legittimità dell’aborto. La società ha contestato il comportamento del lavoratore, considerando l’inappropriato uso del linguaggio in un contesto delicato e rilevando che il profilo del dipendente era visibile a diversi colleghi.
La Corte ha riconosciuto la legittimità del licenziamento, sottolineando che l’immagine aziendale deve essere tutelata dal datore di lavoro e che il comportamento del dipendente sui social media può influenzare direttamente tale immagine.
Per quanto riguarda il diritto di critica, la Corte ha ribadito che la libera manifestazione del pensiero è garantita dalla Costituzione, ma il rispetto e il decoro devono essere mantenuti nelle espressioni utilizzate, evitando di recare danno alla reputazione aziendale.
In questo caso specifico, le affermazioni del dipendente hanno causato la perdita di alcuni clienti per l’azienda, dimostrando il reale impatto che il comportamento sui social media può avere sull’attività aziendale.
La sentenza della Corte di Cassazione conferma che il controllo del datore di lavoro sul comportamento del dipendente si estende anche all’ambiente dei social media, riconoscendo l’importanza della reputazione aziendale anche in questo contesto.
M.T.