Il digitale è sicuramente un punto chiave che può assicurare la crescita della competitività del Paese e la qualità della vita e dei servizi pubblici. La Commissione Innovazione Tecnologica e Digitalizzazione (ITD) della Conferenza delle Regioni e Province autonome ha approvato un posizionamento strategico sulle agende digitali regionali nella programmazione 2021-2027 da proporre al nuovo Governo.
Tra le proposte c’è la revisione di tutte le norme che ostacolano l’innovazione digitale, a partire dall’abrogazione del d.lgs. 82/2005 “Codice dell’Amministrazione digitale” (CAD). Questo nella sua forma attuale è un ostacolo all’innovazione tecnologica e organizzativa in molti settori italiani. Già nel 2016 in occasione della revisione del CAD la Conferenza delle Regioni e Province autonome aveva richiesto al Governo l’abrogazione di tutte le disposizioni presenti ma che non sono di principio. Ad oggi il CAD è ulteriormente cresciuto con norme di dettaglio e le regole tecniche emanate da AgID, DTD, PagoPA, ecc sono numerose, ma non esiste un repertorio unico di tutta questa regolamentazione sotto forma di soft-law. Le regole tecniche infatti devono essere riunite in un testo unico, facilmente reperibile per gli enti, distinguendo tra le regole destinate agli uffici sistemi informativi e quelle destinate agli uffici che si occupano di erogazione di servizi, di procedimenti e altre attività amministrative.
Si sente poi la necessità di istituire un’unica commissione stabile di coordinamento tecnico in materia di innovazione e trasformazione digitale, tra Stato, Regioni e Province autonome. È molto importante che ci sia una collaborazione leale tra i vari livelli istituzionali per l’attuazione.
Nel CAD, all’art.73, viene esplicitato il concetto di Sistema Pubblico di Connettività (SPC), che deve evolvere verso un approccio basato sul cloud computing, che ha una natura decentrata, policentrica e federata.
Negli ultimi anni le politiche per la digitalizzazione hanno costantemente seguito un modello di centralizzazione. Questo approccio è stato seguito non solo per le infrastrutture digitali (PSN, BUL, ecc) e per le piattaforme nazionali di supporto (SPID, PagoPA, ecc) ma anche per la digitalizzazione dei servizi erogati e per la semplificazione delle procedure degli organismi pubblici.
In realtà questo approccio centralistico non ha portato a un livello di utilizzo dei servizi online al pari degli altri paesi europei e neanche all’aumento della qualità dei servizi pubblici come percepita dal cittadino/impresa.
Sulle piattaforme nazionali sono stati fatti grandi investimenti sul macroprocesso complessivo di erogazione dei servizi pubblici. Occorre quindi un approccio sistemico alla gestione di questi processi, dentro le amministrazioni e tra amministrazioni, e questo si può fare adeguatamente solo sul livello regionale. Serve prima di tutto un impianto legislativo sistematico sul ruolo regionale per l’innovazione e la digitalizzazione.
Un’altra proposta riguarda il finanziamento di un percorso strutturato di dematerializzazione degli archivi. I processi di archiviazione, fascicolazione e conservazione vanno valorizzati all’interno delle pubbliche amministrazioni. Naturalmente servono dei profili professionali, “archivisti digitali”, in grado di coniugare aspetti di archivistica con documenti virtuali. (Per esempio la digitalizzazione dei piani regolatori PRG è ancora una cosa poco diffusa). Senza questa azione di dematerializzazione e corretta gestione documentale diventa impossibile anche l’impiego di algoritmi di intelligenza artificiale (IA) nelle attività istruttorie dei procedimenti amministrativi per poter diminuire le attività manuali e ripetitive. Nel posizionamento approvato dalla Conferenza 22/160/CR6a/C14 in data 03/08/2022 veniva evidenziato che “(…) è essenziale attivare un reclutamento straordinario d’urgenza nei sistemi regionali di profili professionali informatici specializzati in cybersicurezza e trasformazione digitale, prevedendo norme di finanziamento nazionale e/o deroghe ai vincoli esistenti per l’assunzione di tale personale, perché non è possibile aspettare quanto pianificato da qui al 2026 per attuare opportune contromisure sui sistemi attuali; occorre anche valutare una differenziazione di tali profili nell’ambito dei prossimi CCNL nazionali, perché tali posizioni nel pubblico impiego possano essere attrattive di talenti e concorrenziali rispetto al mercato”.
Nella costruzione strategica del PNRR il coinvolgimento delle Regioni e Province autonome è stato molto ridotto, ed iniziano a sorgere problematiche in fase attuativa. Ogni regione deve definire la sua “agenda digitale”, nota anche come “roadmap 2030”. Tutte le agende costituiranno una “roadmap” nazionale del decennio digitale, ovvero un documento strategico sul digitale definito in base alla decisione in via di approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio UE.
Questo è utile per inquadrare tutti gli investimenti sul livello “smart city” e avere linee guida sullo sviluppo locale di servizi innovativi, impiego delle AI/chatbot, sensoristica e fattori abilitanti per la guida autonoma, attivazioni di partnership pubblico privato (PPP), il cui sviluppo spontaneo comporterebbe difformità nell’esperienza utente, ritardi di attuazione e disparità territoriali.