Giorgia Butera è una sociologa della comunicazione, scrittrice e difensore dei diritti umani attivamente coinvolta in numerose iniziative a livello internazionale. È nota per essere stata presidente della comunità “Sono Bambina, Non Una Sposa”, impegnata contro i matrimoni infantili e presiede METE (Multiculturalism, Earth, Territory, Education). È membro di Girls Not Brides e partecipa alle sessioni del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Ha esperienza in best practice internazionali e ha partecipato a importanti summit umanitari e sociali. Inoltre, è coinvolta in diverse campagne di difesa dei diritti umani, inclusi quelli dei minori e delle donne. Nel 2021 ha fondato un programma di educazione permanente dedicato alle donne e ha assunto la posizione di Direttore Generale dell’Osservatorio Nazionale contro il Sexting, il Revenge Porn ed i Crimini Digitali. Ha anche fondato il programma di comunicazione globale “Global Media and Cultural Democracy”. Dal 2022 è diventata Direttore Generale dell'”Osservatorio Sociale per l’Infanzia e l’Adolescenza” e ha contribuito alla formazione degli operatori degli aeroporti italiani sulla tratta di esseri umani.
Con lei ci siamo confrontati sui rischi riguardanti il Revenge Porn e sulle nuove iniziative volte al contrasto del fenomeno e per la creazione di un ecosistema digitale sempre più inclusivo, democratico e sicuro.
1. Dott.ssa Butera, per cominciare, ci parli della sua proposta riguardante la creazione di sportelli di ascolto nelle farmacie italiane per educare i giovani sui pericoli del sexting online. Può condividere qualche esempio di successo in cui è stato possibile aiutare le vittime di Revenge Porn?
Il mio impegno nasce per fornire consapevolezza ed aiuto in casi di contrasto alla violenza e di educazione al sentimento, allontanando aberrazioni digitali, quali il sexting. Riteniamo importante sensibilizzare ed educare. Sono numeri impressionanti quelli che riguardano il sexting, ovvero, l’invio di foto e video a sfondo sessuale. Una pratica utilizzata, in particolar modo, da giovani adolescenti. La nostra azione vuole essere d’aiuto a tutte quelle ragazze, che spesso inconsapevolmente, inviano foto e video intimi ed a sfondo sessuale. Indubbiamente, la riflessione è rivolta a chiunque, ancor di più, chi in maniera violenta diffonde simili contenuti.
L’analisi sociale, che sta alla base del fenomeno richiede diversi approfondimenti. In molti casi, assistiamo ad un concetto di emancipazione femminile, che si è totalmente frainteso.
Il coinvolgimento nelle Farmacie arriva in una fase successiva. Tre anni fa dopo il nostro ingresso nelle scuole, ci siamo rese conto di quanto le Famiglie potessero essere ignare di un mondo digitale parallelo, e vissuto all’insegna del Sexting per poi generarsi nel Revenge Porn, o nella condivisione e diffusione pornografica (anche adolescenziale).
Ci troviamo di fronte ad una emergenza sociale dai numeri elevatissimi, di approcci che iniziano già all’età di 11 anni, e vissuti nella più totale normalità, dove il ‘sessaggiare’ ha sostituito il termine ‘messaggiare’.
Adolescenti e pre-adolescenti, non hanno la benché minima percezione in quale mondo si sono catapultati. Bisogna essere chiari e diretti nella comunicazione ed informazione, rivolta a loro. Questo lo diciamo, sempre, ai genitori. Così, l’apertura agli incontri rivolti a chiunque.
Da un confronto con Angela Margiotta (Presidente Farmaciste Insieme) arriva la proposta al Segretario Nazionale Federfarma, dottor Roberto Tobia, nel voler introdurre la Campagna ‘Stop Sexting e Revenge Porn’ all’interno delle Farmacie. Subito accolta.
L’approdo nelle Farmacie è stato efficace, sin dal primo istante. Abbiamo modificato la nostra comunicazione, invitando alla consapevolezza per ciò che concerne il Sexting, e no al Revenge Porn. Ineludibile, trovandoci di fronte ad un pubblico adulto, lasciare il libero arbitrio (anche, se io invito sempre alla prudenza).
È vittima di Revenge Porn, la ragazzina di 13 anni, così come la donna adulta che con il proprio Partner aveva realizzato foto e video osé. Le vittime hanno necessità di essere guidate in un percorso non facile, che prevede la denuncia alla Polizia Postale, ma indubbiamente interventi giuridici e psicologici. In molti casi, siamo intervenute. Ci troviamo di fronte delle donne, che si cercano nei siti porno, certe di trovarsi lì. Di donne in lacrime, che dal nostro manifesto/impegno si sentono abbracciate, perché in tutto questo pesa fortemente il giudizio morale della gente. Di una derisione collettiva alla quale spesso abbiamo assistito, anche in contesti scolastici sottoforma di bullismo.
2. Viviamo in una situazione di sovraesposizione al rischio, quali consigli darebbe alle giovani generazioni per proteggere la propria privacy online e prevenire situazioni di Revenge Porn?
La società attuale ha relegato al consenso, all’immagine, ai social ed alla condivisione, la propria esistenza. Esiste un dovere centrale: far comprendere che tutto questo è lontano dalla verità. Ritengo che le Istituzioni debbano fornire dei decaloghi, importante sarebbe formalizzare azioni di Pubblicità Progresso. Che la Sicurezza Informatica, spieghi in maniera capillare ciò che si sta generando. Io sono molto preoccupata, e purtroppo, immagino un aumento esponenziale del fenomeno. Bisognerebbe far comprendere, che il trascorrere del tempo potrebbe indurli ad una volontà di oblio, per nulla praticabile nei fatti.
3. Secondo lei qual è il ruolo dell’istruzione nella prevenzione del Revenge Porn? Come possono le scuole e le organizzazioni educative contribuire a questo sforzo?
Le scuole devono formare ed informare, noi svolgiamo numerosi incontri sia in presenza sia online. La differenza con gli incontri che solitamente si svolgono, e risultano poco partecipati, in questi emerge la volontà del racconto. Di aneddoti, che li rendono adulti. Si è perso ogni pudore, si sono banalizzati linguaggi e comportamenti. Dobbiamo aver chiaro, che tutto questo esiste, è appartenente alla nostra società, ed allora, strumenti di prevenzione e comunicazione sono ineludibili.
4. Secondo lei come sta evolvendo la legislazione riguardante il Revenge Porn? Ci sono sviluppi recenti che stanno aiutando a combattere questo fenomeno?
Il Codice Rosso ha introdotto nella Legge italiana una nuova fattispecie nel Codice penale, all’art. 612-ter, intitolata “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, meglio conosciuta come “Revenge Porn”, e risale al 2019. Non tutti sono a conoscenza, che si tratta di reato, e si rende complice anche chi riceve, e non fa nulla per denunciare.
Una vera e propria violazione, un reato e, come tale, punibile ai sensi di legge con la reclusione da uno a sei anni con una multa da 5000 a 15.000 euro.
Oggi il Revenge Porn è diventata la nuova forma di violenza contro le donne. Ha un impatto fortissimo, virale nella sua azione, di interessante malevola derisione pubblica. E soprattutto, chi compie l’azione non sente nulla, a differenza del far male fisicamente.
Inasprire potrebbe essere possibile, magari incidendo sull’aspetto informatico, ipotizzo un black-out delle proprie connessioni. Ciò, che è necessaria, è l’educazione.
5. Quali sono le prospettive future nella lotta al Revenge Porn? Ci sono innovazioni tecnologiche o strategie emergenti che possono aiutare a contrastare questo problema in modo più efficace?
Sono necessari programmi mirati, competenze specializzate, formazione dedicata e progetti sostenibili. È necessaria la collaborazione internazionale, molto spesso i Server si trovano all’estero, e nulla si può fare. L’aumento delle denunce e dei casi è strettamente correlato alla sensibilizzazione in essere. Io, ci sono.