Secondo gli appellanti, NetChoice e Computer Communications, la legge potrebbe avere pesanti effetti negativi sulla libertà di espressione. Per questo motivo, l’appello delle associazioni richiede una sospensione di emergenza dell’entrata in vigore della legge nello Stato.
Questa legge texana proibisce alle piatteforme social media che hanno più di 50 milioni di utenti di moderare i contenuti sulla base di un “punto di vista”, sia esso dell’utente o di una persona terza. La definizione del termine è poco chiara e può creare confusione sulla responsabilità delle piattaforme rispetto ai contenuti generati dagli utenti. Questa clausola potrebbe rendere impossibile, ad esempio, applicare le regole sull’hate speech.
La HB20 proibisce di “bloccare, vietare, rimuovere, de-platfromizzare, demonetizzare, de-boostare, limitare, negare la parità di accesso o visibilità o discriminare in altro modo l’espressione”.
L’argomento utilizzato dalle associazioni riguarda l’interferenza del governo con le decisioni di aziende private. Se lasciata in piedi, questa legge stravolgerà il Primo Emendamento della Costituzione che sancisce la libertà di parola. Infatti, con questa legge, per violare la libertà di parola il governo dovrà solo sostenere di volerla proteggere.
La richiesta di NetChoice e di Computer Communication non preme per una decisione finale sulla legge, ma solo per la sua sospensione mentre le procedure continuano nella corte di appello del quinto circuito. Se la richiesta delle piattaforme sarà accettata, la legge verrà sospesa.
L’applicabilità della legge pone enormi problemi di responsabilità per le piattaforme di social media attive in Texas: potrebbe infatti portare a un gran numero di contenziosi riguardanti la rimozione dei contenuti.
In questo momento, il futuro delle piattaforme appare piuttosto incerto. I social network si sono sempre appellati alla Sezione 230 del Communication Decency Act, che protegge le piattaforme dalle possibili responsabilità derivanti da contenuti generati dagli utenti. Ma se la HB20 ricevesse un via libera definitivo potrebbe modificare radicalmente (almeno in alcuni stati americani) il modo in cui il rapporto tra utenti, piattaforme e libertà di espressione è stato concepito fin dagli albori dell’era dei social network.