A metà novembre dell’anno scorso, l’Unesco ha pubblicato il primo documento globale contenente le linee guida per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa nel supporto ai processi di formazione nelle scuole. Le indicazioni fornite dall’Unesco precisano che l’AI tra i banchi di scuola può rivelarsi un prezioso ausilio e generare ricche opportunità ma, al contempo, può anche causare dei danni e dei pregiudizi. Per questo motivo si precisa nel documento che il presupposto fondamentale per l’integrazione dell’innovazione del momento con l’istituzione scolastica è quello di prevedere un notevole impegno pubblico, che fornisca garanzie e normative volte a tutelare le persone.
Per quanto concerne l’effettiva applicazione, quando si parla di AI generativa nelle scuole il primo pensiero va agli studenti che usano ChatGPT per copiare. In realtà, lo stesso Unesco precisa che gli utilizzi legati a questa tecnologia sono estremamente variegati e hanno conseguenze positive sul sistema scolastico e sulla didattica. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’AI generativa, attraverso l’elaborazione di dati inerenti al tasso di presenza, ai tempi di consegna dei compiti, agli accessi alle piattaforme online e altri parametri, è in grado di stimare la probabilità che uno studente incorra nel fenomeno della dispersione scolastica. Lo strumento può dunque essere usato per proporre un piano didattico personalizzato volto ad evitare tale abbandono. Un altro esempio può essere l’uso dell’AI generativa nella valutazione delle Invalsi. Attraverso questa tecnologia, le risposte possono essere controllate in molto meno tempo, e il sistema è in grado di comparare i dati ottenuti per evidenziare criticità, punti di forza e lacune degli studenti. Per quanto riguarda il piano prettamente didattico, l’AI generativa supporta i docenti nel fornire un piano di studio maggiormente personalizzato sulla base degli interessi ed esigenze dei singoli studenti, oltre che nel creare mappe concettuali che integrano la spiegazione dell’insegnante.
I presupposti per un salto di qualità dell’istituzione scolastica ci sono tutti. Ma adesso la domanda va rovesciata. Le scuole sono pronte ad accogliere l’intelligenza artificiale? La risposta breve è no, almeno per ora. Un sondaggio dell’Unesco condotto a maggio dell’anno scorso, e che ha preso in considerazione oltre 450 scuole e università in tutto il mondo, ha rilevato che meno del 10% ha sviluppato politiche istituzionali e/o orientamenti formali sull’uso delle applicazioni di AI generativa. I dati restituiscono un profondo sentimento di incertezza che aleggia tra le mura scolastiche del globo, oltre che la mancanza di norme per la gestione di questa innovazione. Tutto questo può facilmente tradursi in una difficoltà sistemica nel rimanere al passo con il cambiamento.
È dunque necessario che questo 2024 diventi l’anno del grande salto, e che l’istituzione scolastica, anche con l’aiuto dei governi, riesca a congiungersi con l’AI. Questo percorso verso l’innovazione deve però tenere conto di due direttrici fondamentali. La prima è il problema della privacy. L’AI generativa, indipendentemente dalle sue variegate applicazioni, ha sempre come punto di partenza i dati, e, in questo caso specifico, si parla anche di informazioni sensibili di minori. È dunque necessario investire grande attenzione e cura nella creazione di norme e regolamentazioni scolastiche che assicurino il rispetto della privacy dello studente. Il secondo aspetto da tenere a mente è che, per quanto il progresso futuro sicuramente attenuerà il problema, l’AI generativa non fornisce sempre informazioni accurate. In altri termini, è necessario educare le nuove generazioni a un uso critico, attivo e consapevole di questi strumenti, evitando che si affidino ciecamente al sapere della macchina, che, come già detto, va sempre messo in dubbio e verificato di persona.
SF