La Corte di Giustizia dell’UE (Cgue) ha stabilito con la sentenza del 4/10/24, resa nella causa C-446/21, che un social network come Facebook non può usufruire dell’insieme dei dati personali (anche sensibili) ottenuti e utilizzarli a proprio piacimento e senza limitazione temporale a scopo pubblicitario mirato.
Tutto è partito dalla denuncia di un attivista austriaco, Maximilian Schrems, che in occasione di una tavola rotonda pubblica (ripresa e diffusa su piattaforme online), ha espresso il suo orientamento sessuale. Ha in seguito sporto denuncia dinanzi ai giudici austriaci per il trattamento, da lui considerato illecito, dei suoi dati personali da parte della Meta Platforms Ireland nell’ambito del social network Facebook.
La società Meta raccoglie i dati personali degli utenti di Facebook mediante cookie, dati relativi alla consultazione della piattaforma, di pagine internet e di applicazioni di terzi. Da queste informazioni possono essere dedotti i dati sensibili, come l’orientamento sessuale, consentendo l’invio della pubblicità personalizzata.
Il fatto che una persona abbia esposto pubblicamente un dato riguardante il suo orientamento sessuale comporta che tale dato possa essere utilizzato nel rispetto del Gdpr (regolamento UE sulla privacy n. 2016/679). Questa circostanza però non autorizza, di per sé, il trattamento di altri dati personali relativi all’orientamento sessuale di tale persona. Pertanto, la circostanza che una persona si sia espressa sul suo orientamento sessuale, in occasione di una tavola rotonda pubblica, non autorizza il gestore di una piattaforma social network online a trattare altri dati relativi all’orientamento sessuale di tale persona ottenuti, se del caso, al di fuori di tale piattaforma a partire da applicazioni e siti Internet di partner terzi, ai fini di aggregarli e analizzarli per proporre a tale persona pubblicità personalizzata.
M.M.