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“FONDAMENTALE IL SOSTEGNO PUBBLICO ALLA BUONA INFORMAZIONE”

Il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli, che è anche membro del nostro comitato scientifico, analizza le sfide che attendono il giornalismo professionale e annuncia le novità deontologiche appena approvate

by Redazione
17 Febbraio 2025
in interviste
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“FONDAMENTALE IL SOSTEGNO PUBBLICO ALLA BUONA INFORMAZIONE”
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Quali sono, secondo Lei, i punti cardine dell’etica dell’informazione?

 I nuovi scenari della comunicazione, sempre più complessi, pongono con forza il problema del rapporto di fiducia fra il prodotto giornalistico, sempre più liquido, e i suoi fruitori. Il giornalista deve avere ancora più attenzione ai propri doveri: verifica rigorosa delle fonti, continenza nel linguaggio, accuratezza della narrazione, rispetto delle persone. Riconquistare la fiducia delle comunità deve significare, per il giornalista, agire nell’ambito di un’etica dell’informazione senza la quale si perde il confronto con il vasto mare della comunicazione digitale. È in questi contesti, difficili e interconnessi, che il giornalismo professionale deve fare il massimo sforzo per mostrare la sua specificità, qualunque sia la piattaforma su cui si svolge l’attività. Solo in tal modo la professione riuscirà, con la rivoluzione digitale in corso, a svolgere a pieno il suo mandato costituzionale per il diritto di tutti i cittadini, ad essere informati.  

I principi della nostra deontologia restano ben saldi e validi. Insieme ad una rinnovata etica dell’informazione essi costituiscono il valore aggiunto che distingue e distinguerà sempre di più nel futuro, il giornalista da un semplice operatore/comunicatore digitale.  Quando parliamo di etica e deontologia, infatti, ci riferiamo ad una serie di   valori e di principi che vanno seguiti ed applicati al dà dello strumento tecnico che si usa per produrre informazione professionale.  Mi riferisco, in particolare, alla verità sostanziale dei fatti, all’uso appropriato del linguaggio, all’equilibrio e al rispetto del pluralismo nell’affrontare i temi, al rispetto della dignità delle persone e al rifiuto di ogni forma di discriminazione. Volendo usare una metafora, possiamo dire che la deontologia è una sorta di codice della strada per i giornalisti, con i semafori, i divieti e i percorsi obbligati; l’etica, invece, sono le strisce bianche orizzontali che ci indicano le vie che dobbiamo percorrere.

Recentemente è stato approvato dal Consiglio nazionale dell’Ordine il nuovo codice deontologico dei giornalisti; quali sono le novità introdotte?

Il nuovo Codice deontologico è frutto di un lavoro complesso e di un confronto con enti, sindacati e associazioni della categoria. Questo nuovo Codice, che entra in vigore dal primo giugno 2025, è molto più sintetico e agile e introduce importanti innovazioni, a cominciare dalle regole sull’Intelligenza artificiale. Vuole essere un Codice che cambia al cambiare della società.  Un testo agile, chiaro, sintetico che non è fatto solo per i giornalisti e le giornaliste, ma soprattutto per i cittadini, cioè chiunque potrà capire se un collega ha lavorato bene in maniera corretta e rispettosa della deontologia o meno. 

Sulla IA, ad esempio, all’articolo 19, si afferma: (…)  l’intelligenza artificiale non può in alcun modo sostituire l’attività giornalistica.  Quando si avvale del contributo dell’intelligenza artificiale, la/il giornalista ne rende esplicito l’utilizzo (…) di cui assume comunque la responsabilità” e poi aggiunge: “(il giornalista) verifica fonti e veridicità dei dati e delle informazioni utilizzati”, per concludere: “(l’uso della IA) non è esimente in tema di obblighi deontologici.”  

Il nuovo Codice inoltre, si sofferma, aggiornando e semplificando, sul rapporto con le categorie fragili, toccando argomenti delicati quali il suicidio, i migranti, le differenze di genere, senza tralasciare il rispetto della dignità del lavoro. Il nuovo codice deontologico, tuttavia, non è un catalogo dei diritti e dei doveri. E’ piuttosto una bussola, più agevole e moderna, che serve al giornalista per seguire la rotta della buona informazione.

Nel luglio 2019 ha pubblicato il libro “L’ultimo tabù” a proposito delle modalità con cui gli attori del processo comunicativo si esprimono in materia di suicidi. Oggi si è arrivati al punto di poter parlare di qualsiasi cosa oppure ci sono argomenti su cui ancora ci scandalizziamo?

Oggi, a maggior ragione con il web e i social media, si parla di tutto. Io direi, però, che si “chiacchiera” di tutto perché il vero problema è quello di sempre: affrontare un tema nella sua complessità e articolazione e in modo corretto e appropriato. Esattamente quello che non succede con web e social media, dove algoritmi e piattaforme spingono per bolle polarizzate dove si perde il merito dei problemi. Questa modalità di comunicazione si è estesa a tutti i campi, dalla politica alle grandi scelte economiche. E qui che i giornalisti devono far valere la loro funzione costituzionale al di là dei linguaggi e delle piattaforme su cui operano. Se cambiano gli scenari dell’informazione professionale, non cambiano, invece, i suoi fondamentali: raccontare la verità, i fatti, i contesti, in modo corretto e completo.

Secondo Lei, quali sono le aspettative che i lettori hanno nei confronti dei giornalisti?

Ci sono indicazioni contrastanti, da una parte c’è il calo quantitativo dei lettori, intesi come fruitori paganti di informazione giornalistica. Dall’altro una serie di segnali, soprattutto dal Covid in poi, che mostrano come persista una notevole fiducia nelle fonti giornalistiche a scapito di web (non quello del giornalismo online) e social media. Questi spunti ci dicono due cose: la prima che il cittadino/lettore si è, in larga parte, abituato ad avere notizie gratis; dall’altro che lo stesso va a cercare fonti qualificate, come dimostra il persistere di ampio pubblico nell’informazione televisiva; la diffusione tra i giovani di podcast audio o video di informazione di approfondimento; la ricerca sui motori del web di autorevoli testate giornalistiche online e dei servizi di inchiesta.

Questi elementi ci riportano al tema del sostegno all’informazione professionale, sempre più necessario anche a fronte dell’enorme drenaggio di risorse pubblicitarie operato dalle grandi piattaforme. C’è quindi una “domanda” di buona informazione, e credo che sia particolarmente forte anche per quanto riguarda il giornalismo legato al territorio, che rischia di scomparire. E’ una domanda, però, a cui va data risposta con un forte  sostegno pubblico, unica strada per non annegare nel mare dei contenuti del web confusi e mischiati, dove si rischia di non distinguere più il vero dal falso. Già oggi i lettori chiedono qualità, e ritengo che sia la strada obbligata per il giornalismo del futuro.


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