Il 1° gennaio di ogni anno – copyright day – scadono i diritti d’autore originari su una serie di opere creative e, di conseguenza, cessa la privativa sulla specifica espressione intellettuale e l’opera diventa di pubblico dominio, cioè chiunque può utilizzarla, modificarla e rielaborala senza dover corrispondere risarcimento.
All’originaria attenzione posta su opere letterarie e cinematografiche si è affiancato negli ultimi due decenni la necessità di controllare la violazione del diritto d’autore online dovuta alla facilità con cui è possibile copiare, modificare, distribuire e creare opere tramite la Big Tech.
L’avvento dell’intelligenza artificiale, intesa come capacità di riprodurre all’interno dei computer parte delle capacità creative del cervello umano, ha recentemente reso ancora più complessa la gestione del copyright.
Un primo problema che si pone rispetto al connubio IA e diritto d’autore è chi, e in quale misura, possa essere considerato l’autore delle opere.
L’intelligenza artificiale fa uso del web scraping, una tecnica di estrazione di dati dalle pagine web poi raccolti in database. Per farlo è sicuramente necessaria la supervisione umana, ma il contributo dell’uomo alla generazione dell’output può essere variabile. Per questo motivo per capire se la creazione generata con IA possa essere soggetta alla tutela del diritto d’autore, bisogna analizzare la singola fattispecie secondo le norme esistenti in materia in ciascuno Stato.
A livello comunitario, la Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2020 “sui diritti di proprietà intellettuale per lo sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale” ha stabilito, in particolare, due principi: a) nei casi in cui l’IA è impiegata solo come strumento per assistere un autore nel processo creativo, si applicano all’opera creata le norme vigenti in materia di D.A.; b) le “creazioni tecniche” generate dalla tecnologia di IA devono trovare forme di tutela nell’ambito del quadro giuridico dei diritti di proprietà intellettuale al fine di incoraggiare gli investimenti in questa forma di creazione.
Un secondo ambito di interesse è la tutela delle opere dai servizi di intelligenza artificiale (AIaaS) che, partendo dalla creazione di un set di dati quantitativamente enormi, permette di creare immagini, musiche, testi e vocalizzazioni in base alle esigenze del cliente e ha indotto vari artisti, sia in Europa che negli USA, a portare avanti azioni legali per tutelare loro diritti violati dalle intelligenze artificiali.
Esempio del fenomeno è l’azione legale avviata da Getty Images, nota agenzia fotografica internazionale, contro l’azienda Stability Al, con l’accusa di aver usato lo strumento di generazione delle immagini Stable Diffusion per copiare ed elaborare illegalmente milioni di immagini protette da copyright.
Non solo stability AI, ma anche Midjourney e DreamUP hanno violato i diritti di “milioni di artisti” addestrando i loro software di intelligenza artificiale con cinque miliardi di immagini prelevate dal web “senza il consenso degli artisti originali”.
Ad oggi non esiste una legislazione internazionale uniforme che regoli le violazioni del copyright prodotte da intelligenza artificiale. Questo vuol dire che, ad esempio, negli Stati Uniti, continua ad essere in vigore il cosiddetto “fair use” e la conseguente possibilità di riutilizzare, in determinate circostanze, contenuti protetti anche senza autorizzazioni da parte del titolare del diritto d’autore. In Italia, invece, la legge sul diritto d’autore stabilisce che è sempre necessario aver chiesto l’autorizzazione al relativo titolare.
(C.D.G.)