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L’ITALIA VIETA IL RICONOSCIMENTO FACCIALE FINO AL 2023

Arrivano apprezzamenti dal Garante per la Privacy, ma alcuni esperti danno pareri negativi sulla vaghezza delle eccezioni che prevedono l’utilizzo di questa tecnologia

by Redazione
7 Dicembre 2021
in Ai, Privacy
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L’ITALIA VIETA IL RICONOSCIMENTO FACCIALE FINO AL 2023

Man wearing smart glasses behind the virtual scanning technology in glitch effect

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L’Italia è il primo Paese ad aver vietato il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici, con alcune eccezioni. È   quanto stabilito con l’emendamento Pd al Dl Capienze. Dal Garante Privacy sono arrivati i primi segnali di apprezzamento, anche se alcuni esperti segnalano che le eccezioni lasciano spazi troppo ampi di manovra alla sorveglianza.

Il divieto sarebbe in vigore fino alla fine del 2023, quando dovrebbe arrivare il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, che prevede dei limiti al riconoscimento facciale. Si legge che “l’installazione e l’utilizzazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale operanti attraverso l’uso dei dati biometrici di cui all’articolo 4, numero 14), del citato regolamento (UE) 2016/679 in luoghi pubblici o aperti al pubblico, da parte delle autorità pubbliche o di soggetti privati, sono sospese fino all’entrata in vigore di una disciplina legislativa della materia e comunque non oltre il 31 dicembre 2023”.

L’unica eccezione è quella che prevede di non applicare il divieto “ai trattamenti (di dati personali per il riconoscimento biometrico) effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione e repressione dei reati o di esecuzione di sanzioni penali di cui al decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, in presenza, salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero, di parere favorevole del Garante reso ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 51 del 2018”.

Guido Scorza, del collegio Garante Privacy, ha sostenuto questo grosso passo in avanti: “Davanti a certi rischi nulla sarà mai abbastanza ma il principio ora è più chiaro di prima. Il fine non giustifica i mezzi e non tutto quello che è tecnologicamente possibile è anche democraticamente sostenibile. Le eccezioni al divieto confermano la regola”.

Mentre gli avvocati di privacy network non sono soddisfatti: “È evidente che si tratta di una finta vittoria. Il riconoscimento facciale da parte di autorità pubbliche e privati nei luoghi pubblici è stato vietato fino al 2023, ma il comma 12 fa salva la possibilità di uso di questi sistemi per la prevenzione e repressione dei reati o di esecuzione di sanzioni penali. Oltre ad essere il principale ambito di utilizzo di questi sistemi, è anche l’ambito più rischioso per le persone”.

In sintesi, l’emendamento vieta l’uso di sistemi di identificazione biometrica remota “in tempo reale” in spazi accessibili al pubblico ai fini dell’applicazione della legge, a meno che e nella misura in cui tale uso sia strettamente necessario per la persecuzione di una serie di obiettivi di sicurezza pubblica e prevenzione della criminalità.

I sistemi di riconoscimento facciale possono dunque essere utilizzati per l’individuazione, la localizzazione, l’identificazione o il perseguimento di un autore o sospettato di un reato di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio e punibile nello Stato membro interessato da una pena detentiva o da una misura di sicurezza per un periodo massimo di almeno tre anni, come stabilito dal diritto di tale Stato membro. È necessario però che ci sia un’autorizzazione all’utilizzo di tali sistemi di identificazione biometrica da remoto “in tempo reale” concessa da un’autorità giudiziaria o da un’autorità amministrativa indipendente dello Stato membro in cui deve avvenire l’uso, rilasciata su richiesta motivata e conformemente alle norme dettagliate dal diritto nazionale dello Stato Membro interessato.

Il problema è che in una situazione di urgenza, l’uso del sistema può avvenire anche senza autorizzazione, richiedendo quest’ultima solo durante o dopo l’uso. L’autorità giudiziaria o amministrativa competente, al fine di rilasciare l’autorizzazione, valuterà in seguito, sulla base di elementi oggettivi o di indicazioni chiare che le sono state presentate, se l’uso del sistema di identificazione biometrica remota “in tempo reale” in questione sia stato necessario o meno.

Tags: Garante privacyInnovazione tecnologicaIntelligenza artificialericonoscimento facciale
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