Il mondo dell’editoria è speranzoso da quando c’è il governo giallorosso. Il sottosegretario al ramo, Andrea Martella, ha annunciato che verrà riattivato il meccanismo degli aiuti pubblici ai giornali, vista la gravità della situazione e il rischio chiusura per molte testate.
Ma sarebbe opportuno che il mondo dell’informazione dimostrasse di meritare questi contributi, diretti e indiretti, impegnandosi a migliorare la qualità dei prodotti.
Sulla strada della valorizzazione dell’informazione di qualità un ruolo decisivo potrà giocarlo la formazione dei giornalisti, chiamati a testimoniare sul campo che il loro valore aggiunto si chiama sensibilità etica e rispetto della deontologia.
Ecco perché la formazione continua dovrebbe essere vista come un’opportunità e non come un fardello. Il 31 dicembre si chiude il secondo triennio della formazione professionale, obbligatoria (dal 1 gennaio 2014) per tutti i giornalisti (professionisti e pubblicisti) iscritti all’Ordine. La formazione professionale –va ricordato- non è un’opzione ma un obbligo previsto da una legge del Parlamento (148/2011 oltre al dpr 137/2012).
Quella legge riguarda anche le altre professioni intellettuali, non solo quella giornalistica. La sfida del prossimo triennio di corsi di formazione dovrà essere quella di avvicinare i giornalisti alle sfide poste dalla civiltà multimediale, quindi alla cultura della Rete e alle nuove competenze richieste dal web journalism. Inoltre, l’integrazione con le piattaforme social non va più vista come una soluzione snaturante o penalizzante, ma come un’opportunità di veicolare contenuti di qualità attraverso strumenti nuovi e più vicini alle nuove generazioni. Insomma, un matrimonio tra vecchie e nuove competenze, per garantire un futuro all’informazione.