Leggere con cura le etichette sul trattamento dei dati personali di Google App Store non è sufficiente perché i consumatori effettuino scelte consapevoli. A confermarlo è l’analisi effettuata dal gruppo “Privacy Not Included” di Mozilla, società realizzatrice di Firefox, la quale ha esaminato la presenza di discrepanze più o meno importanti tra l’informativa privacy dello sviluppatore e l’etichetta esposta nella rispettiva pagina del Play Store nelle quaranta app più scaricate dall’app store di Google.
Le applicazioni sono state valutate come “scarse”, “da migliorare” oppure “ok” in base alla presenza o meno di un allineamento tra le politiche. La ricerca vuole evidenziare come le condizioni che Google impone agli sviluppatori per inserire la propria app su Google Play Store spesso non coincidono con le politiche sulla privacy linkate nella stessa pagina dell’app.
Il fenomeno appare molto diffuso e riguarda l’80% delle “etichette”: il 40% delle applicazioni esaminate, tra cui Minecraft, Twitter e Facebook, sono state sono state bocciate e classificate come livello “basso”; il 37,5% delle app, comprese YouTube, Google Maps, Gmail, WhatsApp e Instagram non hanno superato del tutto l’esame e sono state “rimandate” con i compiti da fare a casa, etichettate come “da migliorare; il restante 15%, fra cui Candy Crush Saga, Google Play Games sono state classificate come “ok”.
Il rapporto di Mozilla responsabilizza Google per la diffusione della pratica sostenendo che l’attuale modulo per la sicurezza dei dati dà l’opportunità agli sviluppatori di tralasciare informazioni su come le loro app raccolgono e condividono i dati degli utenti.
La risposta di Google non si è fatta attendere contestato la metodologia utilizzata e sostenendo la possibilità che i ricercatori di Mozilla abbiano frainteso il campo di applicazione delle norme sulla privacy oppure abbiano consultato norme sbagliate.
In un comunicato la multinazionale dichiara: “Questo rapporto confonde le politiche sulla privacy a livello aziendale, che sono destinate a coprire una varietà di prodotti e servizi, con le singole etichette sulla sicurezza dei dati, che informano gli utenti sui dati raccolti da una specifica app“.
In risposta i ricercatori hanno confermato la fedeltà delle norme sulla privacy alle regole linkate da ogni sviluppatore su Google Play Store, affermando che “la risposta di Google alla nostra ricerca mette in luce proprio problema che abbiamo evidenziato”.
(C.D.G.)