Il Data Act, nonché il Regolamento (UE) 2023/2854, è diventato applicabile a partire dal 12 settembre scorso. Questa normativa è fondamentale nell’ambito della strategia europea in materia di dati e veicola la trasformazione digitale. Più precisamente, rafforza in modo strategico il complesso funzionamento del mercato dei dati: soprattutto, viene favorita la disponibilità dei dati industriali. Inoltre, gli utenti godono di diritti più ampi e di un maggiore controllo sui dati generati dai dispositivi connessi.
Ma in che modo il Data Act ridefinisce la medicina e tali dispositivi? L’impatto della legge risuona particolarmente nel settore, in quanto caratterizzato da un ampio uso di dispositivi connessi. Il punto nevralgico della questione riguarda l’introduzione dell’obbligo di rendere disponibili agli utenti i dati generati da questi strumenti.
Questo comporta un cambiamento radicale: fino a questo momento i dati relativi allo stato di salute degli utenti rimanevano a disposizione dei soli sistemi proprietari dei fabbricanti. Si verifica un vero e proprio cambio di paradigma, dove gli stessi diventano accessibili anche ai pazienti, al personale medico e sanitario.
In questa direzione, quali sono però i rischi e le potenziali derive collegate a questi cambiamenti? Si possono verificare casistiche in cui i pazienti interpretano male i dati, giungendo alla definizione di decisioni mediche errate. Inoltre, il fatto che debba essere garantito agli utenti un accesso ai dati sempre gratuito e per i terzi può essere previsto un compenso, può portare a comportamenti non equi e discriminatori.
Più nello specifico, è fondamentale la figura del data holder: quest’ultimo è il fabbricante del dispositivo medico, nonché colui che detiene il controllo sull’accesso ai dati. Infatti, poiché gli obblighi di condivisione dei dati sono confinati a specifiche eccezioni previste dalla legge, il data holder ha la facoltà di richiedere la segretezza dei dati.
Quali sono le prospettive per il settore dei dispositivi medici connessi? Il protagonista sembra essere il paziente, che diventa il garante nella gestione dell’accesso ai dati. Da un lato questi nuovi sviluppi possono migliorare la qualità delle cure; dall’altro devono essere previsti urgentemente investimenti in tema di cybersicurezza e di governance.
L.V.
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