La Corte di Cassazione torna sulle modalità di manifestazione del consenso per l’adesione alle piattaforme di rating reputazionale sul web quando si ha a che fare con un sistema di valutazione automatico basato su degli algoritmi, chiarendo che il soggetto deve essere messo nella condizione di conoscere il procedimento che conduce al risultato e fornire il proprio consenso.
La Prima sezione civile, sentenza n. 28358 depositata il 10 ottobre, ha accolto il ricorso di un’associazione onlus nei confronti del Garante per la protezione dei dati personali. Ha così annullato il provvedimento con il quale (il 26 novembre 2016) l’Autorità aveva vietato il trattamento presente e futuro dei dati personali da parte della suddetta associazione effettuato tramite il sistema denominato “Infrastruttura immateriale mevaluate per la qualificazione professionale”. Questo sistema mirava a costituire una piattaforma web al fine di elaborare profili reputazionali concernenti persone fisiche e giuridiche, in modo da contrastare fenomeni basati sulla creazione di profili inveritieri e di calcolare, in maniera imparziale, il rating reputazionale dei soggetti censiti, consentendo ai terzi una verifica di reale credibilità.
La sentenza, spiega la Cassazione, richiedeva un accertamento in merito alla trasparenza e alla conoscenza delle caratteristiche funzionali dell’algoritmo. «Ciò che si richiedeva non è che l’associato debba conoscere ex ante e con certezza l’esito finale delle valutazioni che il sistema di Intelligenza artificiale opera – perché altrimenti sarebbe quanto meno inutile -, ma il procedimento che conduce alle medesime». Quando, come nella specie, i dati personali sono destinati ad essere lavorati da un algoritmo, dovrà dunque anche tale modalità essere coperta dal consenso.
Sulla base degli accertamenti compiuti dal giudice del merito, tali parametri di riferimento erano tutti presenti nel regolamento.
F. S.