Ad agosto la piattaforma Meta ha presentato una nuova opzione agli utenti di Instagram: una mappa che permette di condividere la posizione con i propri followers. Fin da subito sui social sono nati dibattiti circa la privacy e la sicurezza che verrebbero drasticamente messe a rischio da una tale operazione, al punto tale da spingere il capo di Instagram, Adam Mosseri, a intervenire in prima persona. Mosseri ha infatti affermato che la localizzazione non si attiva da sola, ma che deve essere volontariamente selezionata dal singolo utente.
Indipendentemente dalle modalità di attivazione rimane il problema che, una volta in funzione, ad Instagram sarà possibile entrare in contatto con i dati che indicano la posizione registrata quando si apre l’app e i dati che indicano la posizione con cui vengono contrassegnati i contenuti condivisi dagli utenti.
Cosa vuol dire nel pratico questo? Vuol dire che Instagram avrà accesso a informazioni che alla lunga permetterebbero di ricostruire per filo e per segno gli spostamenti delle persone nel corso della giornata. Indirizzo di casa, sede di lavoro e abitudini di spostamento sarebbero pertanto dei dati, non protetti dalla crittografia end-to-end, nelle mani di Meta e dei suoi dipendenti.
Non è difficile immaginare che un panorama come questo sia di estremo interesse per i criminali informatici, che potrebbero quindi accedere non solo ai dati sensibili degli utenti ma anche prendere visione di tutti i luoghi da essi frequentati. Se pensiamo ai casi di stalking o di predatori sessuali, l’introduzione di questa nuova opzione risulta senz’altro preoccupante e angosciosa.
Altro utilizzo dei dati potrebbe inoltre venire fatto da Meta stessa che, integrando le informazioni di localizzazione degli utenti nel suo ecosistema pubblicitario, potrebbe attuare un’operazione di targeting estremamente segmentata.
Per difendersi da queste possibili minacce la soluzione migliore è quella di imparare ad avere un approccio consapevole nei confronti dei social media. Molti utenti infatti, soprattutto i giovanissimi, sottovalutano la potenzialità negativa che un semplice clic può avere. Anche disattivare la condivisione della posizione e limitare le autorizzazioni al dispositivo si possono senza ombra di dubbio rivelare delle strategie fondamentali per la protezione dei propri dati personali.
S.B.
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