Google ha minacciato di disabilitare i contenuti giornalistici neozelandesi sui loro portali web nel momento in cui il governo della Nuova Zelanda decidesse di approvare una proposta di legge, che obbligasse le piattaforme informatiche a pagare sia i giornali e sia gli editori per la diffusione dei contenuti informativi da cui ricavano un cospicuo guadagno. In particolare modo Caroline Rainsford, la responsabile della divisione di Google in Nuova Zelanda, ha dichiarato che se dovesse mai essere approvata la legge l’azienda «sarebbe costretta a bloccare i contenuti giornalistici su Google Search, Google News o Discover in Nuova Zelanda». Inoltre, l’azienda di Google dovrebbe sospendere gli investimenti nelle testate del Paese che grazie alla piattaforma godono di «milioni di dollari ogni anno».
Il disegno di questa legge era già stato ideato nel 2023 dal governo laburista neozelandese e la cui versione del testo che sarà discussa in parlamento non è quella ufficiale, così ha riferito il ministro dei Media e delle Comunicazioni Paul Goldsmith aggiungendo che sia lui che i suoi funzionari del ministero continueranno a confrontarsi con Google.
Nello stesso tempo già anni fa, nel 2021, Google aveva minacciato di bloccare il suo motore di ricercare nel momento stesso in cui il governo australiano avesse approvato la proposta di legge sui social media approvata da parte del parlamento. All’inizio, l’azienda aveva impedito la visualizzazione dei contenuti giornalistici nel suo motore di ricerca. Successivamente, in conformità con la legge australiana, ha negoziato il pagamento dei contenuti con le singole testate o gruppi editoriali.
La posizione adottata da Google sembra essere un tentativo di fare pressione sul governo affinché riveda il suo approccio legislativo. Nonostante le critiche ricevute, l’azienda ha sottolineato il suo forte interesse nel sostenere il settore dei media, purché le normative esistenti non compromettano la sua sostenibilità economica e operativa.
La crescente tensione tra la società tecnologica e il governo neozelandese crea una situazione complessa, sollevando domande sui diritti degli editori, sul compenso adeguato e sul ruolo delle piattaforme nel garantire un’informazione di qualità.
M.P.