Secondo l’ong no-profit “Stop Funding Heat” su Facebook possiamo trovare: 195 pagine e gruppi, almeno 818.000 post, con 1,36 milioni di visualizzazioni al giorno, che negano il cambiamento climatico, dati che dimostrano come la disinformazione dilaga sul social nonostante gli ingenti sforzi, anche finanziari, messi in campo dalla piattaforma Facebook.
Il dataset usato nella ricerca è limitato ai contenuti di lingua inglese, e gli analisti formulano l’ipotesi che il volume di disinformazione presente sulla piattaforma sia di gran lunga più ampio (8-13% in più) rispetto a quello che Facebook stessa ammette e di cui si è impegnata a garantire il fact-checking attraverso il suo Climate Science Center.
Nello studio presentato in occasione del summit internazionale sul clima a Glasgow (COP26), dal titolo “In Denial: Facebook’s Growing Friendship with Climate Misinformation”, si è constatato che solo il 3,6% di queste fake news è stato, inoltre, individuato e verificato dal social network che ha volontariamente ignorato il fatto. Di fatto dunque, affermano gli attivisti, non è stato fatto nulla per contrastare il flusso della disinformazione su tematiche climate change.
Facebook, che ormai è Gruppo Meta, ha commentato su Euronews che le accuse in questione si basano su numeri inventati e sono frutto di una metodologia imperfetta.
Al contrario Facebook sostiene che sta combattendo su una moltitudine di fronti tra cui i discorsi di odio, la cattiva informazione su temi di salute pubblica, le elezioni e ultimamente anche la disinformazione sul clima.
Ma non è affatto così, i numeri sono in piena crescita rispetto ad un anno fa, le interazioni sono aumentate di oltre il 75%.
Inoltre, il dossier calcola che l’azienda di Zuckerberg nell’ultimo anno ha accettato denaro per sponsorizzare almeno 113 pagine di disinformazione sul clima. Si tratta di post sponsorizzati che hanno raccolto da 11,7 a 14,1 milioni di visualizzazioni (i dati sono della stessa Facebook). Alcune di queste pagine hanno iniziato a operare 1 anno fa, eppure l’azienda non ha mai agito in nessun modo, neppure con un semplice fact-checking.
Gli attivisti chiedono, dunque, al social creato da Marck Zuckerberg di ridurre la diffusione di informazioni false sui cambiamenti climatici, tramite debunking in tempo reale e l’eliminazione delle pagine (deplatforming) che continuano nelle attività di disinformazione (nonostante siano state già colpite da provvedimenti in precedenza).
Un’accusa simile è stata rivolta a Facebook anche per la crescente disinformazione riguardo il virus Covid-19, la pandemia e le vaccinazioni, secondo un’indagine Avaaz dell’estate scorsa.