L’idea nasce dalla mente del belga Dries Depoorter: l’artista ha infatti registrato per settimane quello che alcune telecamere “aperte” (connesse, puntate su luoghi pubblici e accessibili a chiunque) hanno catturato, ad esempio a New York o tra le vie dei pub di Dublino. Ha poi setacciato Instagram per individuare le foto scattate in quei luoghi nei tempi che combaciavano con quelli delle riprese e grazie all’intelligenza artificiale, ha confrontato i post con le registrazioni, trovando così alcune corrispondenze.
I primi risultati di The Follower sono stati pubblicati il 12 settembre. Sul sito del progetto sono sei, ma Depoorter promette che ne arriveranno altri sui suoi social network.
Ciò ha reso possibile sapere non solo dove è stata scattata la foto pubblicata su Instagram, ma anche quando e come, quanto tempo è stato necessario per ottenerla, chi aveva in mano lo smartphone e chi è passato lì accanto in quei secondi.
Ne sono venuti fuori i backstage di quelle foto: pochi secondi di realtà in movimento. Circondati dalla normalità, gli impeccabili post assumono un altro tono, quasi grottesco. Ma rivelano anche altro: il tema della sorveglianza, la (relativa) facilità con cui chiunque può ottenere informazioni su completi sconosciuti e la leggerezza con cui i dati vengono condivisi.
Il progetto The Follower sfrutta i dati pubblici diffusi da utenti molto seguiti (oltre 100.000 followers) e fa parte di una serie di iniziative per avvertire sui pericoli della tecnologia e sulle informazioni diffuse online.
Tutto questo con il supporto di una tecnologia evoluta e attingendo solo ed esclusivamente da dati pubblici: l’intelligenza artificiale (strumento dalle enormi potenzialità, sia nel bene che nel male), i post social, con i quali – in modo più o meno consapevole – rendiamo accessibile una grande quantità di informazioni, e i video di sorveglianza, della cui presenza e invasività non c’è ancora contezza.