Con questa sentenza la Corte di Cassazione, nel confermare l’illegittimità del licenziamento di un dirigente bancario per sospetto di infedeltà, ha avvalorato il principio di diritto espresso nei suoi precedenti (Cassazione n. 25732 del 2021, Cassazione n. 34092 del 2021) sui limiti dei controlli del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti.
Nel caso di specie, una banca aveva licenziato un dirigente a seguito di un controllo indiscriminato sulla sua posta elettronica aziendale e la Corte d’Appello di Milano aveva dichiarato il monitoraggio illegittimo, in quanto la banca non aveva garantito “la proporzionalità e le garanzie procedurali contro l’arbitrarietà del datore di lavoro”.
In particolare, la banca non aveva allegato i “motivi che hanno portato ad un’indagine così invasiva”; aveva controllato “indistintamente tutte le comunicazioni presenti nel pc aziendale in uso” al lavoratore “e senza limiti di tempo dando vita così ad una indagine invasiva massiccia ed indiscriminata non giustificata”; non aveva informato preventivamente il lavoratore “della possibilità che le comunicazioni che effettuava sul pc aziendale avrebbero potuto essere monitorate né del carattere e della portata del monitoraggio o del livello di invasività nella sua corrispondenza” e non aveva acquisito il consenso del lavoratore al controllo della posta elettronica aziendale come prescritto dal regolamento aziendale della cui esistenza, peraltro, il lavoratore non era nemmeno a conoscenza.
La sentenza è stata, quindi, confermata dalla Corte di Cassazione che ha richiamato innanzitutto la distinzione tra i controlli a difesa del patrimonio aziendale che riguardano tutti i lavoratori e che devono essere realizzati nel rispetto dell’art. 4 Statuto dei Lavoratori e i controlli anche tecnologici diretti ad accertare specificamente condotte illecite ascrivibili, in base a concreti indizi, a singoli dipendenti (c.d. “controlli difensivi in senso stretto”) che sono “all’esterno del perimetro applicativo dell’art. 4” dello Statuto dei Lavoratori e non richiedono il preventivo accordo sindacale o l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro.
Per quanto riguarda i controlli difensivi in senso stretto i giudici di legittimità hanno precisato che gli stessi sono consentiti solo “in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto”.
Quindi il controllo deve essere “mirato” sul singolo lavoratore ed “attuato ex post”, ossia a seguito del comportamento illecito del lavoratore, in quanto “solo a partire da quel momento il datore può provvedere alla raccolta di informazioni utilizzabili non essendo possibile l’esame e l’analisi di informazioni precedentemente assunte in violazione delle prescrizioni di cui all’art.4 St. lav.”.