L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo del lavoro, introducendo nuove forme di controllo algoritmico che ridisegnano il rapporto tra datore di lavoro e dipendenti. Il cosiddetto algorithmic management, modelli di gestione che usano software per assegnare compiti, monitorare, valutare e prendere decisioni su assunzioni, premi o licenziamenti del personale, pone interrogativi in termini di diritti, privacy e trasparenza.
A regolamentare questi scenari interviene il GDPR, che con l’articolo 22 vieta le decisioni interamente automatizzate con effetti significativi sui lavoratori, se non in presenza di garanzie adeguate. In parallelo, la Direttiva UE 2024/2831 e il Decreto Trasparenza rafforzano la tutela dei lavoratori digitali, imponendo obblighi di chiarezza sull’uso dell’AI e riconoscendo il diritto a spiegazioni comprensibili e a interventi umani nei processi decisionali.
Le imprese inoltre devono rispettare i principi di privacy by design e by default: ogni tecnologia deve essere progettata fin dall’inizio per proteggere i dati personali, raccogliendo solo ciò che è necessario e garantendo l’accesso ai soli autorizzati.
Devono anche dotarsi di sistemi di governance di dati, auditi periodici, informative chiare e coinvolgimento delle rappresentanze sindacali nei processi decisionali. Il rischio, infatti, non è solo giuridico ma anche umano: l’opacità dei sistemi e l’asimmetria informativa possono alimentare sfiducia, conflitti e discriminazioni.
Il futuro del lavoro passa per un equilibrio delicato: sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale senza sacrificare dignità e libertà del lavoratore. In questo scenario, la normativa europea non è un freno all’innovazione, ma un’opportunità per costruire ambienti di lavoro più giusti, inclusivi e sicuri.
A.C
Diritto dell’informazione
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