La Corte di Cassazione, con la sentenza n.37974/2021 ha dichiarato la propria posizione sulla rilevanza della possibilità di bloccare un molestatore su WhatsApp. Con tale sentenza si è sottolineato come la possibilità data dai mezzi attuali di non ricevere più messaggi e telefonate da una data persona non escluda l’avvenuta molestia prima del blocco del contatto.
I giudici escludono che la facoltà del molestato di poter bloccare l’agente, faccia venir meno la responsabilità di quest’ultimo. Infatti, la Corte, fornendo un’ampia interpretazione del reato in questione ha chiarito che tra i suoi presupposti non vi è quello della reiterazione, ma basta che si realizzi quella perdita di serenità nella psiche del destinatario, che determina il rischio per la quiete pubblica vero oggetto al centro della tutela della norma.
La messaggistica vocale e scritta, dunque anche quella di WhatsApp, rientra nella nozione di comunicazione telefonica riportata dall’articolo 660 del Codice Penale, che include, oltre alla citofonata, anche la messaggistica e la posta elettronica. La percezione uditiva di notifiche o la lettura di anteprime dei messaggi o delle email è sufficiente a recare la molestia e anche con un solo episodio.