Le istituzioni europee tornano a dibattere su questioni riguardanti il cambiamento climatico e l’inquinamento ambientale affinché si raggiunga la neutralità climatica entro il 2050.
Nel weekend tra il 16 e il 18 dicembre 2022 a Bruxelles, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno acconsentito all’applicazione e l’estensione dell’Emissions Trading System (ETS), riformando il mercato delle emissioni nocive.
L’ ETS è un sistema attivo dal 2005 e ha come principio «Chi inquina paga»: viene dato un prezzo alle emissioni di CO2 e chi inquina è costretto a pagare una compensazione monetaria. La novità è che il sistema non tocca solo le industrie più energivore (dall’acciaio alla ceramica), ma viene esteso anche ai trasporti marittimi e stradali, al riscaldamento e agli inceneritori. Nel 2027 si prevede la nascita di un mercato ETS-2 dedicato all’edilizia, ai trasporti e ai combustibili per settori come quello manifatturiero.
È stata approvata anche la creazione di un Fondo sociale per il clima di oltre 86 miliardi di euro, che l’UE e gli Stati membri potranno servirsi per affrontare le misure contro il caro energia e fornire aiuti diretti alle famiglie. Il Fondo finanzierà anche misure temporanee di sostegno diretto al reddito per far fronte all’aumento dei prezzi dei carburanti per il trasporto su strada e il riscaldamento, fino al 37,5% del costo totale stimato di ciascun piano nazionale.
Come spiega Beda Romano (corrispondente da Bruxelles del Sole 24 Ore), in un primo tempo il Fondo sociale per il cambiamento climatico sarà finanziato con le entrate ottenute dalla vendita all’asta di 50 milioni di certificati ETS. Una volta che il sistema ETS verrà gradualmente messo fuori servizio, il nuovo Fondo sarà finanziato dalle aste dei certificati ETS-2 fino a un importo di 65 miliardi di euro, con un ulteriore 25% coperto da risorse nazionali, per un totale stimato di 86,7 miliardi di euro.
Via libera anche alla Carbon Tax, un sistema di tassazione sulle importazioni dell’UE che consente di applicare il prezzo della CO2 ai prodotti acquistati all’estero di determinati settori, in modo da rendere competitive le imprese europee con i prodotti importati da Paesi dove le politiche sul clima sono meno rigorose. La Carbon Tax permetterà di correggere distorsioni come la delocalizzazione delle imprese e la conseguente perdita di posti di lavoro. Dunque, con l’entrata in vigore di questo sistema, viene meno il meccanismo anti-delocalizzazione già vigente, che si basa su permessi di emissione gratuita. L’entrata a regime della Carbon Tax sarà molto graduale dal 2026 al 2034.
Dal 2026 le compagnie di navigazione pagheranno per le emissioni di anidride carbonica, metano e protossido di azoto, mentre dal 2027 le compagnie di trasporto su strada pagheranno per le emissioni connesse al carburante delle pompe e al combustibile da riscaldamento sprigionato dagli edifici. In questi ultimi due casi, il sistema dovrebbe gravare sui fornitori di carburante e non sulle famiglie, ma gli aumenti saranno inevitabili e, se dovessero rivelarsi insostenibili, l’entrata in vigore del sistema sarà rimandata di un anno.
Dunque, entro il 2030 si prevede che la grande industria e il settore energetico dovranno diminuire le emissioni del 62% rispetto al 2005 (quando il sistema ETS ha iniziato a funzionare). Attualmente siamo al 43%. Per raggiungere questo obiettivo, l’Unione europea ridurrà gradualmente il numero di certificati verdi sul mercato dal 2026 fino al 2034. Nel contempo, i Ventisette adotteranno un dazio ambientale sulle importazioni più inquinanti.