IL CASO
I Giudici di merito ritenevano configurata la diffamazione in danno di due atlete realizzata attraverso il social network Facebook (rectius: Messenger). L’accusa depositava in giudizio degli screenshot immortalanti le offese rivolte alle ginnaste. Sia il Tribunale che la Corte di Appello ritenevano tali screenshot prova sufficiente a ritenere comprovato il delitto di diffamazione.
LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
Con ricorso per Cassazione il difensore degli imputati lamentava che le conversazioni in chat riprodotte dagli screenshot fossero inutilizzabili. Di avviso contrario la Corte di Cassazione secondo cui sono da ritenersi pienamente utilizzabili, in quanto legittima ne è l’acquisizione come documento, i messaggi sms fotografati dallo schermo di un telefono cellulare sul quale gli stessi sono leggibili poichè “non è imposto alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste nella realizzazione di una fotografia e che si caratterizza soltanto per il suo oggetto, costituito appunto da uno schermo” sul quale sia visibile un testo oppure un’immagine “non essendovi alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto” (cfr. Cassazione, Sez. 3, sent. n. 8332 del 06/11/2019). Come altresì la Corte di Cassazione, richiamando il precedente principio, ha ritenuto pienamente utilizzabile una pagina di un social network a mezzo fotografia istantanea dello schermo (screenshot) di un dispositivo elettronico sul quale la stessa è visibile (cfr. Cassazione, Sez. 5, sent. n. 12062 del 05/02/2021). Né tanto meno può dirsi che l’inutilizzabilità possa discendere dal fatto che tali screenshot siano in realtà frutto di una “intercettazione” attuata in violazione dalla regole prescritte dal codice di procedura penale.
In tal senso deve rilevarsi come non sia riconducibile alla nozione di “intercettazione” la registrazione fonografica di un colloquio svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, operata, sebbene clandestinamente, da un soggetto che ne sia partecipe o, comunque, sia ammesso ad assistervi, costituendo, invece, una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova, senza dover (cfr. Cass, Sez. 1, sent. n. 6339 del 22/01/2013).
Pertanto rileva la Cassazione come non costituisca intercettazione, ai sensi degli artt. 266 e segg. c.p.p., la documentazione delle comunicazioni svoltesi su una chat estratte, sebbene senza l’autorizzazione degli altri utenti, a mezzo screenshot da parte di uno dei soggetti che sia ammesso ad assistervi, dunque legittimato a parteciparvi, costituendo forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore e l’autorità giudiziaria può disporre legittimamente, a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell’art. 234 c.p.p..
CONSIDERAZIONI FINALI
A parere di chi scrive la Cassazione per valutare l’utilizzabilità o meno di uno screenshot omette di considerare l’aspetto più importante della questione: la genuinità della prova. È noto infatti che un semplice screenshot depositato in giudizio può essere in realtà frutto di un fotomontaggio: ergo un falso. È dunque chiaro che lo stesso non può essere ritenuto dal Giudice una prova attendibile per fondare la propria decisione.
Pertanto l’unica strada maestra indicata dal Legislatore per raccogliere una prova digitale sarà esclusivamente quella indicata agli articoli 20 e seguenti del D.lgs. 82/2005 “c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale”; in estrema sintesi una prova digitale potrà ritenersi assolutamente genuina (sia in relazione al suo contenuto che alla data di creazione) solo laddove la stessa sia firmata digitalmente e marcata temporalmente.
di Daniele Concavo – Avvocato del Foro di Milano, opera nell’ambito del Diritto Penale, con particolare esperienza nella tutela della reputazione personale e aziendale