In un processo involutivo dello spazio virtuale, si assiste così all’amplificazione della condivisione di contenuti accattivanti, meglio indicizzabili grazie alla tecnica del clickbait. L’obiettivo è quello di catturare l’attenzione degli utenti, massimizzando i proventi pubblicitari generati. Ma i rischi sono enormi e in gioco sono le democrazie.
Secondo il New York Times, in una prima fase, i colossi del web hanno prolungato l’impegno di combattere la circolazione “tossica” di notizie false. Talvolta, hanno rimpiazzato le autorità preposte a ciò, tappando falle a livello istituzionale. Invece, adesso non sembrano più ritenere così importante la lotta alla disinformazione, nonostante la dilagante diffusione di fake news veicolate in Rete.
Le Big Tech adesso abbracciano la spending review. Hanno assunto politiche di riduzione dei propri organici. Secondo il NyT, la scure del licenziamento si abbatte sull’organico di Alphabet, la capofila di Google.
Si è in attesa di vagliare l’impatto applicativo dell’imminente esito giudiziario dei casi “Gonzales contro Google” e “Twitter contro Taamneh”. Da questi casi, a seconda dell’orientamento interpretativo formalizzato dalla Corte Suprema, potrebbe scaturire un aggravamento del regime di responsabilità a carico dei gestori delle piattaforme sociali, quando vengono condivise fake news.
Le Big Tech si sono attivate su questo versante, costituendo team di fact-checker e perfezionando un sistema di rilevazione degli account falsi, integrato dal Temporal Interaction EmbeddingS (TIES).
Alle azioni concrete realizzate nel corso del tempo si aggiungono, inoltre, svariati documenti programmatici con la formalizzazione di orientamenti virtuosi e comportamenti operativi improntati alla salvaguardia dell’ambiente virtuale. Il white paper (Online Content Regulation) o la prassi “soft” di apposite linee guida adottate, per affrontare la piaga digitale del flusso comunicativo inquinato da fake news, costituiscono un segno tangibile del prioritario obiettivo perseguito.
La crescita esponenziale della disinformazione, che prolifera anche a causa dei possibili effetti collaterali prodotti dal perfezionamento delle tecnologie IA, alza il livello del pericolo. A testimoniarlo è il rischio crescente di testi falsi e fuorvianti immessi online.
(V.M)