Gina Nieri è laureata in Scienze Politiche all’Università di Pisa, ha ottenuto la specializzazione in Giornalismo e Comunicazione di Massa alla Luiss (Libera Università di Studi Sociali) di Roma. Attualmente, in Mediaset è Direttore Divisione Affari Istituzionali, Legali e Analisi Strategiche, Consigliere Esecutivo di Mediaset Spa e della Holding Mfe-Mediaforeurope N.V. Dal 2019 è Consigliere del CERRE (Center of Regulation in Europe). Inoltre, fa parte del Comitato scientifico del nostro portale.
Di seguito le sue risposte alle domande che le abbiamo rivolto.
- C’è una disparità di trattamento nel mondo dell’informazione. Da un lato abbiamo aziende editoriali tradizionali che sono fortemente regolamentate e dall’altro i nuovi soggetti della rete che godono di un regime giuridico alleggerito. Cosa si può fare per riuscire a bilanciare questa situazione e creare una situazione più equa?
È un po’ una guerra difficile. Punto primo, c’è una disparità di capacità economica da parte di chi vive senza regole. Questi soggetti sono diventati sempre più grandi, offrendo sicuramente un servizio, ma al di fuori di una regola concorrenziale. L’Europa non è ancora riuscita a trovare la quadra con le piattaforme, specie con gli USA, per quanto riguarda una minimum tax, cioè una tassazione degli utili e dei fatturati delle aziende grandi, che superano i 750 milioni di fatturato. Non si riesce perché gli Stati Uniti hanno messo una sorta di veto. Difendono i propri gruppi perché per loro sono quasi piu importanti di uno Stato europeo.
Però il discrimine sono i principi e i valori. L’Europa sta facendo tantissimo a livello legislativo con regolamenti che entrano direttamente nell’ordinamento degli Stati, vedi il DSA o lo European Media Freedom Act. Sono elementi efficaci ma l’implementazione è molto difficoltosa.
Poi c’è l’intelligenza artificiale, il cui potenziale non va demonizzato. C’è l’abaucina, una molecola alla base di un antibiotico che è stato sviluppato in USA, tutto con l’intelligenza artificiale. Questo è stato possibile perché i ricercatori hanno potuto mettere insieme tanti punti di lavoro dove convergono una grande capacità di calcolo e una grande mole di dati, che hanno fatto sì che sono riusciti a portare a casa un risultato che un uomo non so quando avrebbe potuto realizzare. Il discrimine con l’intelligenza artificiale è che quest’ultima non ha sentimenti, non ha cuore. Le manca la parte morale, dei principi e dei valori. È lì che dobbiamo incidere. Io non sono disperata. Magari non saranno le nostre aziende ma altre realtà, però almeno i principi, i valori della persona, che sono al centro della parte economica, giuridica e morale della Costituzione europea, è lì che noi ci possiamo attaccare.
Rimane però una forte guerra. Inoltre, la disinformazione che queste piattaforme pongono in essere crea una barriera difficile da contenere. Giusto oggi leggevo dell’UE che ha chiesto alle grandi piattaforme di regolare il modo in cui trattano ciò che sta accadendo in Israele e Palestina, perché stanno facendo vedere di tutto.
- Considerando che il rispetto di norme e regolamenti si traduce in assenza di equità dal punto di vista della concorrenza, che cosa si può fare per garantire, in Italia, una concorrenza leale?
Per quanto riguarda gli attori nazionali diciamo che lì ci siamo sostanzialmente, comprese le tv locali. L’informazione ha linee guida strette su cui si vigila. Siamo virtuosi, secondo me, da questo punto di vista. Ma non riusciamo ad incidere quando subentrano le piattaforme. I contenuti sono così virali. Una ex dipendente di Facebook l’ha detto chiaramente, gli algoritmi erano finalizzati a far sì che piu era grossa e d’impatto la bufala, più diventava virale, così da mettere più pubblicità possibile. Noi non disperiamo, l’intelligenza umana a livello valoriale è piu forte ma è una battaglia che va combattuta con grandissima responsabilità.
- Le persone nutrono ancora molta fiducia nei media tradizionali. Secondo lei, nel futuro, cosa è necessario fare per mantenere l’ambiente dei media tradizionali come principale punto di riferimento?
I mezzi di informazione tradizionale sono ancora un punto di riferimento, lo abbiamo visto con la pandemia. Ciò che va mantenuto è l’accountability. La mediazione dei professionisti e la loro professionalità. Le nostre trasmissioni ospitano dibattiti pluralisti che continuano ad essere elementi forti. Sono questi elementi che faranno la differenza.
- Quali accorgimenti e valori dovrà possedere un futuro professionista dell’informazione per orientarsi e rendere sicura e professionale l’informazione in rete?
La preparazione nel saper scrivere è la prima cosa. Ma poi il sacro fuoco della notizia parte esattamente dalla coscienza e dal fatto che hai un approccio di servizio alle persone e allora, a quel punto, la verità è una componente che tu hai come il lievito nell’impasto, è qualcosa che viene da dentro.