Realizzare una crescita sostenibile e inclusiva all’ interno delle imprese significa divulgare informazioni sui temi ESG in tema di impatto sull’ambiente, governance, responsabilità sociale, condizioni del lavoro e diritti umani. Significa anche saper gestire i rischi finanziari derivanti dai cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse, il degrado ambientale e le questioni sociali nonché promuovere la trasparenza, la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie.
La Commissione Europea ha proposto negli anni delle misure volte a sviluppare piani di transizione climatica compatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici del 2016, il Sustainable Finance Action Plan del 2018 ed il Green Deal per l’Unione Europea e i suoi cittadini del 2019.
Dal primo gennaio 2023 è entrata in vigore la Corporate Sustainability Reporting Standard Directive (CSRD), la Direttiva (UE) 2022/2464, con la quale si amplia la responsabilità delle imprese in tema di economia sostenibile. Tutte le grandi imprese, quotate in borsa o meno, comprese le imprese estere che fatturano più di 150 milioni di euro nell’UE e tutte le PMI quotate, hanno l’obbligo di rendicontazione del loro impatto sulle persone e sull’ambiente. Si parla di “doppia materialità”. Da un lato vanno rendicontate tutte le informazioni sul modo in cui gli sviluppi nel campo della sostenibilità influenzano ed hanno effetto sull’impresa; dall’altro vanno rese chiare tutte le informazioni sugli effetti che l’impresa stessa ha sull’ambiente circostante.
Un’ulteriore proposta elaborata dalla Commissione Europea nel 2022 è la Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence, proposta indirizzata alle imprese grandi o ad alto-rischio di impatto socio-ambientale. L’obiettivo è monitorare, prevenire e mitigare gli impatti negativi sull’ambiente, sulle condizioni di lavoro e sui diritti e libertà individuali. La proposta introduce requisiti obbligatori che le aziende devono attuare, per identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi, non solo sulle attività dell’azienda ma a tutta la value chain, sia all’interno che all’esterno dell’UE.
La proposta Due Diligence, che verrà discussa per l’approvazione del mese di giugno, richiede a ogni Stato di emanare una legislazione nazionale che renda obbligatoria per le aziende tale direttiva. Un esempio recente è il German Supply Chain Due Diligence Act (SCDDA) che impone alle aziende con sede in Germania e con più di 3.000 dipendenti di indagare sulla propria catena di fornitura per individuare eventuali rischi ambientali e per i diritti umani.
In tema di sostenibilità, si deve infine considerare anche la proposta di un regolamento che proibisce l’importazione o l’esportazione di prodotti realizzati con il lavoro forzato. La misura entrerà in vigore nel 2025 e vieterà che i prodotti realizzati con il lavoro forzato siano resi disponibili sul mercato dell’UE.
(C.D.G.)