Il giornalismo online sta cercando di riaffermare la propria autorevolezza in un contesto di proliferazione di fake news e disinformazione che distorce la realtà e influisce sulla percezione dell’opinione pubblica. L’organizzazione Forbidden Stories ha creato un database e coordinato più di cento giornalisti per indagare sui “mercenari della disinformazione” attraverso il progetto #StoryKillers, che si propone di combattere la disinformazione e indagare sui modi in cui viene diffusa, inclusa la deindicizzazione e la rimozione degli articoli dai motori di ricerca.
Ci sono aziende specializzate nell’eliminazione di informazioni online per tutelare il diritto all’oblio, ma molte di esse ignorano i requisiti del diritto all’oblio. Eliminalia è una di queste aziende e vanta una rete di società con sedi in diverse giurisdizioni.
Le aziende come Eliminalia utilizzano diversi strumenti per garantire il diritto all’oblio dei propri clienti. Inizialmente, chiedono alle testate o alle piattaforme di rimuovere gli articoli indesiderati, spacciandosi per impiegati di importanti gruppi editoriali e retrodatando il contenuto. Se questa richiesta non viene accolta, vengono utilizzati strumenti di manipolazione dei risultati dei motori di ricerca come Google per far sparire i contenuti sgraditi o renderli meno visibili, favorendo quelli graditi ai propri clienti. Questi interventi sui motori di ricerca vengono svolti dai reputation manager e sono attualmente legali in assenza di regolamenti specifici che li vietino.
I link che l’azienda non riesce a rimuovere vengono “sotterrati” sotto una mole di articoli inventati. Questi articoli sono stati individuati da Qurium, un’organizzazione no-profit che monitora l’attività di gruppi che si occupano di rimozione di contenuti online, che ha trovato oltre tremila di questi articoli falsi raccolti su 600 siti web. I siti web hanno in comune elementi come l’informativa sulla privacy e la pagina sui diritti d’autore, ma il contenuto è completamente inventato e contiene il nome del cliente nell’URL del link e spesso nel testo del pezzo.
Il progetto #StoryKillers ha rivelato che i prezzi per rimuovere un singolo link possono variare da 200 a 2000 euro a seconda dei casi e che ci sono 25 clienti che hanno pagato più di 50.000 euro per ripulire la loro reputazione online. Tra i clienti di queste aziende ci sono banchieri condannati per riciclaggio, trafficanti di droga, uomini dello spettacolo accusati di molestie sessuali, professionisti coinvolti in frodi finanziarie internazionali e imprenditori con un passato controverso. Sono state anche individuate banche accusate di non aver impedito alcune operazioni di riciclaggio.
Sull’azione di società del genere ci sono pareri contrastanti. Secondo alcuni il diritto all’oblio dovrebbe essere una materia per avvocati, poiché i contenuti online possono danneggiare la reputazione di una persona per sempre. Secondo altri invece le agenzie di rimozione offrono risultati efficaci e veloci, con costi inferiori rispetto a quelli degli studi legali, risolvendo il 90-95% dei problemi. Tuttavia, le rimanenti questioni devono essere risolte tramite metodi tradizionali, come querele per diffamazione o cause civili.
(S.F.)
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