Il rapido sviluppo dell’Intelligenza Artificiale ha messo gli algoritmi decisionali al centro della nostra quotidianità: tali sistemi sono presenti negli assistenti vocali, nei meccanismi di riconoscimento facciale e soprattutto nei motori di ricerca. Il sempre più diffuso utilizzo dell’AI richiede un’attenta considerazione delle sue implicazioni etiche, tra cui figurano anche i pregiudizi e le discriminazioni che possono emergere nei confronti di specifici gruppi.
A questo proposito, un dato preoccupa: nonostante la rapida crescita del settore AI in Europa, solo il 16% degli operatori attivi in questo campo sono donne. Secondo il rapporto UNESCO 2023, ciò dipende dalla persistente sottorappresentanza delle donne nel campo tecnologico e nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), dove esiste un consolidato divario di genere.
La carenza di rappresentanza femminile nel settore AI rappresenta un problema perché i dati impiegati per addestrare gli algoritmi potrebbero riflettere i pregiudizi culturali e di genere. Un esempio concreto in proposito è rappresentato da Amazon, che nel 2018 ha abbandonato un sistema di selezione del personale basato sull’AI perché mostrava una tendenza a favorire candidati di sesso maschile nelle posizioni tecniche. Incrementando la presenza femminile nei ruoli di sviluppo e applicazione di tali sistemi, non solo si amplierebbero le opportunità di correggere gli eventuali pregiudizi, ma si creerebbero anche nuovi posti di lavoro.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha pubblicato un rapporto che sottolinea come, davanti all’impiego dell’AI nel lavoro, le donne siano esposte a un rischio superiore di rotazione del personale rispetto agli uomini. Questo perché ben il 79% delle donne è impiegato in settori considerati tradizionalmente femminili (assistenza sociale, insegnamento, back office ecc.) ed oggi sensibili all’automazione dal momento che presentano compiti ripetitivi e routine.
Secondo il rapporto Future of Jobs del World Economic Forum, nei prossimi anni assisteremo alla creazione di circa 69 milioni di nuovi posti di lavoro, ma anche alla cancellazione di oltre 83 milioni di posizioni. Tra le professioni a rischio di cancellazione figurano in particolare gli addetti all’inserimento dati, i segretari amministrativi ed i contabili. Una simile previsione ci spinge ad esaminare attentamente il rapporto che si sta creando tra le tecnologie emergenti e le posizioni lavorative tradizionalmente occupate dalle donne.
Per promuovere un progresso inclusivo, che tenga conto delle diverse prospettive di genere, è necessario identificare e correggere i pregiudizi che possono essere presenti all’interno degli algoritmi. Inoltre, sarebbe opportuno offrire alle donne la possibilità di acquisire le competenze digitali e partecipare allo sviluppo delle tecnologie AI.
M.M.