La comunicazione mediatica è diventata una pratica imprescindibile. Spesso si comunica sui social in maniera non decorosa e senza pensar troppo a ciò che si dice. Non può essere questo però il caso dei magistrati.
È stato ritenuto necessario regolamentare l’uso dei media per i magistrati. Il vademecum è stato redatto dal consiglio consultivo dei giudici del Consiglio d’Europa.
È importante ricordare che la comunicazione pubblica da parte dei giudici può essere un valore per la vita democratica del Paese.
Alcune ‘’regole’’ che certi importanti esponenti dovrebbero seguire potrebbero essere quelle di non diventare influencer né barricarsi dietro profili fake o sotto pseudonimo. Non compromettere la dignità dell’appartenenza alla magistratura con la condivisione di aspetti privati compromettenti; valutare ogni like e retweet, che potrebbero profilare il magistrato nelle proprie opinioni personali. Se c’è da difendere la democrazia, ciascun giudice ha il diritto e il dovere di esprimersi. Sarebbe anche doveroso ed utile, quando si ha l’occasione, spiegare il funzionamento della magistratura ed i valori al suo pubblico, per poter mantenere fiducia nella giustizia. Bisognerebbe contenersi rispetto alla divulgazione di opinioni ed informazioni troppo personali con un accurato controllo dei contenuti condivisi, senza ovviamente eliminare del tutto la libertà di espressione.
Il vademecum del Consiglio consultivo dei giudici europei del Consiglio d’Europa non solo richiama le principali cautele a cui dovrebbero ispirarsi i giudici ma invita i consigli di magistratura e le associazioni a investire nella formazione ad hoc sull’utilizzo dei social da parte dei magistrati. Il parere è stato trasmesso al Comitato dei Ministri, incaricato di assicurarne la divulgazione e promuoverne l’applicazione in tutti gli Stati membri. L’obiettivo principale è quello di stabilire un’appropriata divisione tra comunicazione personale e comunicazione al servizio della giustizia. Va ricordato ovviamente che i magistrati prima di dover contribuire alla promozione della giustizia sono dei cittadini come gli altri, quindi, con libertà d’espressione.
(G.S)