La nomofobia, più semplicemente dipendenza da smartphone, è una dipendenza patologica che può comportare stati di ansia non controllabili, battito cardiaco accelerato, sconforto, instabilità emotiva e vertigini dovuti all’idea di non essere rintracciabili, alla necessità di un costante aggiornamento sulle informazioni condivise dagli altri e alla consultazione del telefono in ogni momento e in ogni luogo.
Questo problema sta diventando sempre più diffuso e preoccupante a livello mondiale e riguarda principalmente gli adolescenti, ma spesso anche persone over 40. I soggetti maggiormente a rischio sono quelli insicuri e con bassi livelli di autostima o le persone troppo narcisistiche ed egocentriche.
Quando si entra nel circolo della nomofobia, si tende ad aumentare sempre di più tempo al telefono, aspettare con ansia la risposta dell’altro (magari sollecitandolo), guardare continuamente ciò che accade agli amici nei diversi social network, commentare e condividere, non spegnere il dispositivo neanche nelle ore notturne, svegliarsi di notte e controllare che non sia cambiato niente, portarsi lo smartphone in luoghi non appropriati. Lo smartphone diventa il principale interesse della persona e tutto ciò che c’è intorno viene visto come un ostacolo, una fastidiosa distrazione dal telefono. Si riduce l’attività fisica, il tempo dedicato alle proprie passioni, al lavoro e allo studio. Chi sviluppa questo tipo di dipendenza finisce con l’isolarsi e ridurre al minimo i contatti con le altre persone.
Questa dipendenza, secondo alcuni studi, è assimilabile a tutte le altre dipendenze in quanto causa dei disturbi nella produzione della dopamina, il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa e incoraggia le persone a svolgere attività che credono gli daranno piacere. È lo stesso meccanismo che si attiva, ad esempio, in un giocatore d’azzardo.
Per i soggetti affetti da nomofobia, è fondamentale ristabilire il contatto con la realtà, avere interazioni interpersonali nella vita reale, e connessioni ‘face-to-face’. Il trattamento della nomofobia risulta ad oggi ancora molto limitato e riguarda principalmente terapie di tipo cognitivo-comportamentale, combinate, nei peggiori casi, ad approcci di tipo psicofarmacologico.
Uscire da una situazione simile non è semplice e richiede grande forza di volontà.
(S.F.)
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