Il lockdown non le ha fermate. Anzi. Le mafie sono già pronte a sfruttare da una parte la crisi economica causata dal Covid e dall’altra l’arrivo di ingenti risorse pubbliche per inquinare i mercati finanziari. A lanciare l’allarme il secondo report dell’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata voluto dal Ministro dell’Interno.
Siamo ben oltre l’usura. “Il rischio – si legge nel report – è rappresentato dall’acquisto di crediti deteriorati delle imprese che gravano sugli asset bancari”. Particolarmente attiva la ‘ndrangheta che, disponendo di ampia liquidità, acquista posizioni e asset proprietari nelle compagini societarie, senza per questo trascurare i consolidati interessi nei settori del turismo e della ristorazione, dei giochi e delle scommesse, della gestione di impianti sportivi e palestre, dalla distribuzione e commercio dei generi alimentari all’autotrasporto. Prima hanno fiutato l’affare mascherine, ora le mafie sono interessate alle aziende che producono farmaci antiCovid e persino alla produzione del vaccino. E stanno anche appropriandosi di Rsa che, dopo il dramma delle migliaia di morti da contagio in tutta Italia, necessitano di grandi capitali per la ristrutturazione secondo le nuove norme di sicurezza”.
Una delle grandi caratteristiche delle mafie, infatti, è la capacità di adattamento. Ed anche in questa difficile e delicata situazione, sono riuscite ad adeguarsi, trasformando l’ennesima crisi in opportunità. Hanno cambiato rotte per l’approvvigionamento della droga e hanno modificato i sistemi di spaccio. Hanno sempre calcolato ogni loro iniziativa, sempre funzionale a logiche di consenso sociale. Garantire cibo, arrivare in certi posti prima dello Stato significa aumentare la loro credibilità sul territorio, garantendo servizi che poi diventano obblighi.
Sono le uniche ‘aziende’, infatti, ad essere cresciute senza risentire della crisi nel corso del 2020: è purtroppo un dato indiscutibile, basta sfogliare i dati sui reati consumati nel periodo del primo lockdown e confrontarli con quelli dell’anno precedente. Tutti i reati sono aumentati.
Si comprende quindi facilmente come l’emergenza sia l’alleata migliore degli affari che hanno bisogno di velocità e ombra per procedere. Le mafie approfittano della crisi pandemica per movimentare il proprio denaro più velocemente, i controlli si sono abbassati, l’antiriciclaggio – inconfessata verità – può reggere quando ci si trova in una situazione economica positiva e sana ma quando manca liquidità, quando i consumi entrano in una spirale definitiva di crisi, il denaro torna ad essere utile a tutti senza guardare l’origine.
I dati del Ministero degli Interni italiano urlano: nel primo trimestre del 2020 l’usura è l’unico reato in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In una fase in cui tutti gli altri reati, dalle rapine in abitazione alle estorsioni, sono diminuiti significativamente, l’usura invece registra un +9,6%. L’usura non smette di elargire soldi. Più le banche bloccano fidi bancari più l’usura arriva e garantisce subito cash. Denaro contante e liquido che viene dato subito a famiglie che continuano ad avere spese, ad aziende che nonostante la cassa integrazione devono pagare fitti e stipendi. Gli usurai pagano subito chiedendo come garanzia l’unica cosa che ancora possiedono i loro sfortunati clienti: la vita stessa.
Un ulteriore allarme riguarda le aziende: se per il 60% delle imprese del commercio e della ristorazione il principale ostacolo all’attività di impresa durante l’emergenza sanitaria è stato rappresentato da questioni strettamente economiche – quali carenza di liquidità e calo dei consumi – e per quasi il 30% dall’incremento dei costi burocratici, di sanificazione e attuazione degli altri protocolli di sicurezza, c’è anche un 11% di imprese che indica nella criminalità un ulteriore e pericoloso ostacolo allo svolgimento della propria attività.
Questi, in sintesi, alcuni dei dati salienti messi in luce da Confcommercio in collaborazione con Format research, attraverso un’indagine dedicata all’infiltrazione della criminalità organizzata nelle imprese del commercio e della ristorazione durante e dopo il lockdown.
In particolare, il 9,8% degli imprenditori ha una conoscenza diretta di episodi che coinvolgono altri imprenditori o titolari di aziende del settore, avvicinati da persone che hanno proposto loro un prestito al di fuori dei canali ufficiali. Una forma di conoscenza più diffusa rispetto all’acquisizione della notizia attraverso i mezzi di comunicazione quali giornali, radio e TV. A soffrire di più perdite di fatturato e reddito, diventando così più esposti alle pressioni della criminalità, sono i settori del food away from home. A fronte di una media del 9,8% sul totale campione, tra ristoratori e proprietari di bar la percentuale di chi dichiara di avere sentito personalmente notizie di pressioni usuraie su imprese del proprio settore e della propria zona sale al 13,1%.
Accanto al dato riguardante l’usura, una percentuale simile, l’8,8%, si registra per le notizie acquisite attraverso canali personali relative a imprese che hanno subìto tentativi di essere rilevate per un prezzo fuori mercato, molto inferiore o molto superiore a quello reale, sempre nella zona in cui si opera con la propria attività. Anche in questo caso, come per l’usura, l’autodichiarazione di conoscenza di notizie di tentativi criminali attraverso canali personali si accentua tra gli imprenditori impegnati nella ristorazione o nella gestione di un bar, salendo al 14,5%.