A metterlo nero su bianco è un documento pubblicato nei giorni scorsi dagli stessi uffici dell’esecutivo comunitario, che deve preventivare quanto costerà organizzare la sorveglianza sui 24 grandi operatori del web individuati dal Digital Services Act (DSA).
Definite come grandi piattaforme online (Vlop) o grandi motori di ricerca (Vlose), poiché ogni mese forniscono servizi a almeno 45 milioni di persone all’interno dell’Unione, queste aziende tecnologiche devono rispettare rigorosamente il Digital Services Act e le sue disposizioni sulla trasparenza degli algoritmi e della pubblicità, sulla lotta alla violenza online e alla disinformazione, sulla protezione dei minori e sulla cessazione della profilazione degli utenti.
Oltre a comportarsi meglio di tutte le altre migliaia di aziende del digitale (come fornitori di cloud e di hosting, motori di ricerca, ecommerce e servizi online), che comunque devono conformarsi al DSA, le grandi piattaforme sono anche tenute a contribuire alle spese della macchina dei controlli. Mediante una tariffa annuale che la Commissione elabora sulla base del suo preventivo di spesa e ripartisce a seconda del numero di utenti serviti.
Intanto a Bruxelles si fanno i conti per l’anno prossimo: secondo le stime preliminari serviranno 58,2 milioni di euro per far funzionare l’impianto del DSA. Soldi che la Commissione reclamerà dai 24 big del settore.
Ma come si arriva alla somma? Innanzitutto serviranno 29,2 milioni per le risorse umane: persone che si dovranno occupare di analizzare le piattaforme a caccia di nuove Vlop da mettere sotto l’ombrello del DSA, coordinarsi con le autorità locali dei 17 Stati dell’Unione, gestire e mantenere aggiornati i database con le informazioni raccolte dalle big tech. E ancora fornire assistenza legale, individuare i rischi sistemici, ossia le minacce che il lavoro delle piattaforme può provocare alla società, affiancare il Consiglio europeo per i servizi digitali (un organo di sorveglianza) e il Centro comunitario per la trasparenza degli algoritmi (Ecat, un laboratorio di ricerca).
Le altre spese riguardano l’arruolamento di consulenti esterni per perizie tecniche (stima: 5 milioni di euro); lo sviluppo e il mantenimento di software destinati al supporto delle attività amministrative (9,3 milioni); i costi di segreteria del Consiglio (1,3 milioni) e quelli per missioni e trasferte (1,2 milioni per circa 25 uscite). E poi 12 milioni per altri costi amministrativi.
I 58 milioni del DSA sono solo un pezzo delle spese che la Commissione deve affrontare per sostenere le sue politiche digitali. Dovranno essere rafforzati anche gli uffici che si occupano del Digital Markets Act (DMA), il pacchetto antitrust contro i grandi monopoli online. E costerà mettere in pratica l’AI Act, il primo regolamento sull’Intelligenza Artificiale.