Ad aggravare i dati già allarmanti sulla relazione bambini-schermi ha fortemente inciso il lockdown causato dalla crisi pandemica che ci ha rinchiusi all’interno delle nostre case. Come dimostra la ricerca Bambini e Lockdown condotta dai pediatri della Sciupa con i ricercatori della Bicocca.
Il tempo sospeso della pandemia ha disvelato a pieno come il digitale sia parte integrante dei giochi, delle amicizie, e della vita quotidiana dei bambini. Molti adulti sono rimasti stupiti, a volte preoccupati dalla quantità di ore che i figli hanno trascorso davanti agli schermi. La vita dei nativi digitali tra gli zero e i dieci anni si presenta come un continuum di esperienza, in presenza e on-line con la dimensione digitale molto sviluppata e inestricabilmente intrecciata con quella reale.
Lo dimostra il fatto che la presenza sugli schermi dopo il primo lockdown del 2020 non è calata nel 2021, come si sarebbe potuto pensare, ma piuttosto cresciuta.
Le case abbondano di tecnologie: un computer, uno smartphone o un tablet sono quasi sempre presenti. Gli strumenti digitali sono molto spesso di “proprietà” dei bambini: nel 2021 il 58,4 % dei piccoli tra i 6 e i 10 anni possiede un dispositivo e si tratta generalmente di uno smartphone o di un tablet. Si tratta dei risultati di rilevazioni, condotte nel luglio del 2020 e del 2021, nell’ambito della ricerca Bambini e Lockdown, dalla Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (Mariana Picca) insieme ad un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca (Susanna Mantovani, Chiara Bove, Piera Braga).
Possiamo perciò affermare come l’uso di dispositivi digitali sia divenuto un elemento strutturale della vita dei bambini e che le famiglie lo percepiscono come un elemento naturale del loro mondo. Non si può tornare indietro né imporre divieti, si tratta, invece, di formare i genitori e soprattutto gli insegnanti a educare i piccoli ad un uso critico e creativo dei dispositivi digitali. Va, infatti, in ogni modo evitato il rischio che gli schermi si trasformino in una “baby sitter” o peggio in un “dispenser” di stili di vita standardizzati e di prodotti commerciali. Si tratta di un tema di giustizia sociale oltre che di educazione alla cittadinanza. Emerge, infatti, che i bambini che vivono in famiglie svantaggiate sono i più esposti al rischio di un uso acritico e passivo della tecnologia.
L’incremento dell’uso degli schermi in tempi di pandemia ha così acuito anche i fenomeni criminali che si sviluppano attraverso la rete, che sono incrementati con dati percentuali a tre cifre in quasi ogni reato telematico e tra questi ci sono anche bullismo e revenge porn che sui social hanno trovato la loro linfa vitale in questo anno complicato per tutti.
L’Osservatorio InDifesa ha pubblicato i dati sul cyberbullismo evidenziando che sempre più le segnalazioni provengono dai più giovani.
Il primo quadro offerto dai dati sul Cyberbullismo mostra come la situazione sia molto grave e che il fenomeno (declinato anche in tutte le altre sfaccettature) non sia limitato, bensì che il 61% degli intervistati su un campione di 6mila adolescenti tra i 13 e i 23 anni hanno subìto atti di bullismo compreso quello sui social; il 68% ha assistito a episodi simili e il 42% ha subito violenza psicologica dai propri coetanei. E non solo: sei ragazzi su dieci affermano di non sentirsi sicuri nelle loro interazioni sui social e sulle app di incontri, anch’esse molto utilizzate tra i giovanissimi.
Ciò che spinge i ragazzi a passare il loro tempo davanti a schermi e sui social è la sensazione di solitudine che li attanaglia. Ma gli studi affermano che solo una volta che il bambino ha raggiunto i 18 mesi, va bene che passi un po’ di tempo a guardare un programma di alta qualità davanti allo schermo, ma per i bambini più giovani lo schermo non sembra offrire alcun beneficio reale, anzi pare che porti a problemi di salute e di sviluppo lungo la strada.
L’Accademia Americana di Pediatria (AAP) raccomanda di tenere tutti gli schermi spenti intorno ai bambini e ai ragazzi più giovani di 18 mesi. Un po’ di schermo può andare bene per i bambini più grandi, e i bambini dai 2 anni in su non dovrebbero trascorrere più di un’ora di schermo al giorno.
Tuttavia, fissare dei limiti di tempo non è sufficiente: è altrettanto importante che i genitori scelgano spettacoli e giochi di alta qualità, e che si uniscano ai loro figli durante lo schermo invece di consegnare il loro telefono per essere usato come una babysitter elettronica.
Guardare un programma adatto alla propria età con il figlio e parlarne insieme può essere utile e costruttivo, ma certamente perde questa funzione educativa se si lascia il bambino solo per ore o ore esposto di fronte a contenuti mediatici per i quali non è pronto, creando così solo un danno alla sua salute.
Una delle maggiori preoccupazioni è come il tempo sullo schermo possa danneggiare l’acquisizione del linguaggio. Fino a circa 2 anni e mezzo, i bambini piccoli non imparano efficacemente solo guardando qualcosa su uno schermo. Uno studio ha scoperto che nei bambini più giovani di 4 anni, più ore di televisione guardavano, meno parole imparavano.
Inoltre, i bambini imparano a socializzare connettendosi faccia a faccia con i loro genitori, ma gli schermi digitali che distraggono possono ostacolare questa connessione. Uno studio ha scoperto che quando una TV era accesa in background, i genitori avevano meno probabilità di interagire con i loro figli. Altri due studi hanno osservato che più un genitore era assorbito dal suo dispositivo mobile, meno si impegnava con i suoi figli.
Molti ricercatori hanno tracciato una connessione tra troppo tempo trascorso sullo schermo e obesità in età prescolare e oltre. Per esempio, uno studio recente ha scoperto che l’indice di massa corporea dei bambini piccoli aumentava per ogni ora di schermo alla settimana. Per i bambini di tutte le età, è importante tenersi in movimento perché l’attività fisica favorisce lo sviluppo fisico e incoraggia abitudini sane.