Sempre più di frequente accade che le parti processuali producano in giudizio uno screenshot, come prova dell’illecito subito.
Ma può uno screenshot essere considerato una prova valida e dunque utilizzabile dal giudice in sede processuale?
Ebbene nel prosieguo della trattazione si procederà alla disamina del suo valore probatorio, sia alla luce delle più recenti pronunce giurisprudenziali in materia, sia in base a quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale (D.lgs. n. 82/2005).
Lo screenshot è definito come una “schermata o porzione di immagine copiata dallo schermo del computer e salvata tramite un apposito programma.” (Enciclopedia Treccani, voce “screenshot”).
In altri termini si tratta di una registrazione digitale del contenuto dello schermo di un computer, di un tablet, di uno smartphone, catturata da un software.
Gli screenshot sono copie di contenuti informatici (chat, messaggi, foto, immagine, ecc.) che vengono archiviati nel pc o cellulare, assimilabili, nel processo civile alle “riproduzioni meccaniche”.
L’art. 2712 c.c. rubricato appunto “riproduzioni meccaniche” dispone che:
“Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.”
In relazione al disconoscimento di uno screenshot si tenga presente che per giurisprudenza costante non è sufficiente limitarsi ad invocarlo ma è indispensabile che questo sia:
(A) chiaro
(B) circostanziato
(C) esplicito
dovendosi caratterizzare nella allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (ex multis, si veda Cass. Civ., Sez. VI – 5, Ord., 10/1/2020, n. 308; Cass. Civ., Sez. Lav., Ord., 2/10/2019, n. 24613; T. Taranto, Sez. Lav., Sent. 30/6/2020; T. Venezia, Sent., 13/5/2020; T. Roma, Sez. XVII, Sent., 24/3/2020).
Peraltro va rammentato che anche in presenza di disconoscimento, ai sensi dell’art. 2712 c.c., nulla impedirà al Giudice di accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (sul punto, valgano le pronunce pocanzi richiamate, ove il concetto è espresso molto chiaramente).
Nel processo penale, invece, la norma applicabile agli screenshot è certamente l’art. 234 c.p.p. “prova documentale” secondo cui:
“1. È consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”.
Secondo autorevole dottrina (cfr. P. TONINI – Manuale breve diritto processuale penale, Giuffrè, 2017), dall’art. 234 c.p.p. si ricava che il documento comprende quattro elementi: 1) il fatto rappresentato; 2) la rappresentazione; 3) l’incorporamento; 4) la base materiale.
In particolare l’incorporamento è l’operazione mediante la quale la rappresentazione è fissata su di una base materiale.
Il codice prevede le forme più varie di incorporamento: l’art. 234 c.p.p. cita la scrittura accanto alla fotografia, alla fonografia e alla cinematografia, ma lascia la possibilità che l’incorporamento avvenga con «qualsiasi altro mezzo».
Alla luce dei progressi della tecnica può dunque affermarsi che attualmente i metodi di incorporamento sono due: quello analogico e quello digitale (categoria in cui vi rientra certamente lo screenshot).
Sul tema si è di recente pronunciata la Cassazione penale (Cass. pen. Sez. V, Sentenza del 30-03-2021, n. 12062) ribadendo il principio secondo cui è assolutamente legittima l’acquisizione documentale di messaggi, mediante la realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare sul quale gli stessi sono leggibili (in questo senso si veda, Cass., sez. 3, n. 8332 del 06/11/2019), non essendo altresì imposto alla parte che lo produce alcun adempimento specifico per la raccolta dello screenshot.
Si tratta in realtà di un principio consolidato che aveva già trovato ingresso in passato nella giurisprudenza di legittimità.
Nel 2019, infatti, si era pronunciata la Cassazione ritenendo lecita l’acquisizione di messaggi sms, mediante la realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare (c.d. screenshot) sul quale gli stessi sono evidenti.
La fattispecie esaminata dalla Suprema Corte era relativa a messaggi dell’imputato pervenuti sul telefono cellulare della madre della persona offesa, da questa fotografati mediante “screenshot” e infine consegnati alla polizia giudiziaria (cfr. Cass. pen. Sez. III Sent., 06/11/2019, n. 8332; in questo senso il Tribunale di Padova Sez. II, con Sentenza del 21/07/2016, ha ritenuto legittimo il deposito in giudizio da parte della persona offesa di uno screenshot comprovante i commenti offensivi, scritti su una pagina Facebook dall’imputato).
Ancora, nel 2019 in un caso relativo a un messaggio diffamatorio veicolato attraverso una chat di un gruppo WhatsApp, la Cassazione ha affermato che la stampa di tali messaggi “di contenuto offensivo riferibili all’indagato, estrapolata dal display di un telefono cellulare nella disponibilità della persona offesa, certamente (è) utilizzabile alla stregua di prova documentale ai sensi dell’art. 234 c.p.p., che consente l’acquisizione di scritti o altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia o qualsiasi altro mezzo e della quale non è disconosciuta la genuinità” (cfr. Cass., sez. V, 17 gennaio 2019, n. 7904).
Ciò posto è dunque chiaro che la parte contro cui è stato prodotto uno screenshot potrà di diritto disconoscerne la veridicità ed affermare che si tratti di un falso oppure di un fotomontaggio.
Il fotomontaggio, per l’appunto, è la “illustrazione fotografica ottenuta componendo a mosaico più fotografie, opportunamente ritagliate, relative a un determinato soggetto” (Enciclopedia Treccani, voce “fotomontaggio”).
Ebbene la strada maestra per raccogliere correttamente una prova digitale (nel nostro caso uno screenshot) è quella indicata agli articoli 20 e seguenti del D.lgs. n. 82/2005 “c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale” che illustrano la procedura per formare validamente un “documento informatico”.
In particolare l’art. 20 del CAD rubricato “Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici” recita al comma 1 bis:
“ Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità.
La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.”
Pertanto, ai sensi dell’art. 2702 c.c., il documento informatico costituito secondo le disposizioni del precitato articolo “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.
Per l’attribuzione della cosiddetta “data certa” si può in aggiunta ricorrere (anzi, sarebbe consigliabile farlo) all’applicazione al nostro documento informatico di una marca temporale: un servizio che permette di associare una validazione temporale ad un documento opponibile a terzi.
In altri termini affinché un documento informatico possa essere validamente utilizzato in sede istruttoria occorre che sia firmato digitalmente e in aggiunta che sia marcato temporalmente.
Per completezza si ricorda che la procedura per effettuare le “copie analogiche di documenti informatici“ è disciplinata dall’art. 23, D.lg. 82/2005.
Ciò consiste nel farsi rilasciare la copia conforme del documento informatico in conformità alle regole tecniche vigenti da un notaio, oppure da un cancelliere, dal segretario comunale o dagli altri soggetti indicati dall’art. 18, d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445.
L’effetto di tale procedura sarà che “Le copie su supporto cartaceo di documento informatico (…) sostituiscono ad ogni effetto legge l’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.
Ebbene tutte le suddette modalità di raccolta della prova digitale sono volte a porre al riparo chi le produce da qualsiasi eccezione di “non conformità” sollevata dalla controparte.
È d’altro canto indubbio che tali procedure di raccolta della prova sono estremamente dispendiose, sotto il profilo economico.
Ad ogni modo, a prescindere dal grado di attendibilità o meno che sarà attribuito dal giudice allo screenshot prodotto in giudizio – a differenza dal processo civile – si evidenzia che nel processo penale le dichiarazioni della persona offesa potranno, anche da sole, essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato e così configurarsi, anche in assenza di riscontri estrinseci, come fonte di prova ricostruttiva del fatto reato per il quale si procede in giudizio (cfr. Cass. n. 28837/2020; Cass., S.U., n. 41461/2012; Cass. Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015; Cass. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015).
Comunque, affinché ciò si verifichi, occorrerà valutare diversi fattori fra cui ad esempio la credibilità soggettiva della persona offesa e l’attendibilità intrinseca del proprio racconto.
Alla luce delle precedenti analisi, può quindi affermarsi che lo screenshot è una prova assolutamente valida e utilizzabile in giudizio dalle parti processuali.
Ad ogni modo, al fine di ripararsi da qualsiasi eccezione sollevata dalla controparte processuale circa la non conformità dello screenshot rispetto all’originale, sarà consigliabile rispettare le regole di acquisizione della prova previste dal Codice dell’Amministrazione Digitale (articolo 20 e seguenti del CAD).