Dopo quattro anni dall’entrata in vigore del GDPR, le città italiane sono sempre più smart, ma gli occhi delle telecamere disseminate ormai ovunque non sono troppo rispettosi della privacy dei cittadini. Infatti, nel 92% dei casi i sistemi di videosorveglianza non risultano rispettare il Regolamento Ue sulla protezione dei dati personali.
Ad evidenziarlo è un’indagine condotta da Federprivacy in collaborazione con Ethos Academy su un campione di circa 2.000 individui, da cui è risultato che solo l’8% degli intervistati che è entrato in un esercizio pubblico dotato di un sistema di videosorveglianza afferma di aver trovato esposto un regolare cartello di informativa che avverte in modo chiaro e trasparente la presenza di telecamere con l’indicazione dei corretti riferimenti normativi e delle informazioni complete che dovrebbero essere fornite all’interessato.
Commentando il Rapporto “Videosorveglianza & Privacy tra cittadino, professionisti e imprese”, il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi, osserva: “Anche se il Gdpr ha segnato una svolta storica per la tutela della privacy dei cittadini, il fatto che chi installa i sistemi di videosorveglianza abbia ancora scarsa sensibilità verso le regole in materia di protezione dei dati personali rappresenta un fenomeno preoccupante, specialmente se si considera che sono trascorsi ormai due anni da quando i garanti europei hanno pubblicato le Linee Guida n.3/2019 per fornire ogni chiarimento eventualmente necessario, e quindi non dobbiamo sorprenderci se più del 15% delle sanzioni sono specificamente riferite proprio a violazioni commesse attraverso telecamere e impianti di videosorveglianza, gravando complessivamente per le imprese pubbliche e private per oltre 4 milioni di euro”.
Ad avere una buona fetta di responsabilità sono proprio progettisti e installatori, in quanto su un campione di 1.127 operatori intervistati dopo aver partecipato di recente a una sessione formativa in materia privacy, solo il 46% di questi ha ammesso di rendersi conto di avere a che fare con temi complessi che comportano rischi elevati ed esposizione alle pesanti sanzioni previste dal GDPR.
Specialmente nelle aree geografiche del sud Italia, è risultato che solo il 3% delle aziende dei professionisti intervistati sono dotate di un Data Protection Officer o di un’altra figura dedicata alle tematiche della privacy, e solo il 15% dei professionisti avverte la necessità di ulteriori approfondimenti della materia.
Alla luce del rapporto, Andrea Sandrolini, CEO di Ethos Academy, società specializzata nel settore della formazione dei professionisti della sicurezza che ha collaborato nella redazione del rapporto, ha dichiarato:“Dai risultati emerge che c’è ancora tanto da fare. Il GDPR ha portato in dote un cambiamento radicale che doveva permettere ai professionisti della sicurezza di formarsi e adeguare il parco impianti installato alla norma, ma in grande parte così non è stato. Occorre quindi una attenta riflessione sulla necessità di una formazione adeguata e puntuale per gli addetti ai lavori del comparto, che deve rimboccarsi le maniche per sviluppare le proprie competenze e mettere in sicurezza la propria impresa e il committente”.