Il caso in questione riguarda la tentata truffa da parte di un uomo che, vantando rapporti con Antonio Ricci, promise a due sindaci veneti che avrebbe convinto il fondatore del programma Striscia la Notizia a girare un servizio su un tema importante per i due politici, ossia la lotta per evitare la chiusura di un ospedale della zona. L’uomo in cambio della sua azione da intermediario avrebbe ottenuto più di 50 mila euro come compenso.
I due sindaci, dopo poco tempo, si sono insospettiti e hanno contattato proprio Striscia la Notizia.
Gli inviati del programma hanno seguito il caso e girato un servizio anche mediante l’utilizzo di telecamere nascoste, incastrando e sventando la truffa messa in piedi dall’uomo con l’appoggio di due giornalisti (prontamente radiati).
Il truffatore, dopo la messa in onda del servizio, ha denunciato il Tg di Antonio Ricci per violazione della privacy, in quanto il suo volto non era stato nascosto. Oltre ad essere mostrato chiaramente nel servizio, le sue foto erano circolate anche su vari telegiornali e sulle prime pagine di diversi quotidiani.
Il Garante della privacy e la Cassazione hanno sancito che il truffatore ha il diritto al rimborso dei danni morali, visto che mostrare il suo volto non era necessario per la comprensione dei fatti narrati e che la divulgazione del servizio aveva causato delle sofferenze psichiche al protagonista della vicenda.
Il truffatore, che si occupa di telepromozioni, ha chiesto anche di essere risarcito per i danni patrimoniali dovuti al crollo della sua reputazione e alla conseguente forte diminuzione dei suoi ingaggi lavorativi. I giudici hanno però ritenuto questa richiesta illegittima, in quanto il danno alla reputazione ci sarebbe stato anche senza la diffusione della sua immagine.
Il risarcimento che dovrà essere pagato dal programma televisivo è dovuto a una violazione della privacy della persona ripresa o fotografata. Le sole casistiche in cui non occorre richiedere il consenso sono «quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico». Inoltre, il divieto di divulgazione del ritratto di una persona senza il suo consenso non deve mai causare «pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona stessa».
(S.F.)