Alcuni fatti delle ultime settimane hanno messo in evidenza come il diritto a fare informazione e il diritto alla privacy sono spesso in conflitto. È necessario capire non chi ha ragione e chi ha torto, ma quali sono i termini e i confini dei due diritti.
Ad esempio, qualche settimana fa un giornale di gossip aveva pubblicato per la prima volta in prima pagina delle foto rubate che ritraggono Paola Belloni insieme alla compagna Elly Schlein, la leader di uno dei maggiori partiti italiani.
In un lungo post Instagram, la Belloni ha attaccato duramente la stampa per aver pubblicato le foto e, di conseguenza, aver rivelato il suo orientamento sessuale facendo outing su di lei. Sul suo profilo Instagram si legge: “Comunicare a mezzo stampa l’intimità affettiva di una persona è un atto ingiusto e si chiama outing. Io ne sono stata travolta, ma per fortuna non annichilita, perché ho una rete amicale e familiare che mi sostiene. Mi chiedo solo cosa sarebbe successo se io questa rete non l’avessi avuta. Il coming out è una scelta personale, che deriva anche da un’analisi della propria rete sociale. Ma mi rendo conto che essere la compagna di una figura pubblica vi abbia fatto pensare di avere il diritto di esporre me quanto è esposta lei”.
Alcuni giornalisti hanno parlato di un regolare gossip legato alla figura pubblica di Elly Schlein. Tuttavia, ci sono segnali che indicano che il confine tra diritto alla privacy e diritto di cronaca sia stato superato. Non si può infatti sminuire l’outing di una persona Lgbt a puro gossip considerando in primis che Belloni aveva scelto di non apparire e di non essere additata come lesbica.
Inoltre, parlare della propria intimità affettiva è un atto politico di grande valore che, come tale, va scelto ed Elly Schlein, parlando del suo orientamento sessuale, aveva deciso di mantenere la privacy sull’identità della compagna. A questo si aggiunga che la privacy di Elly Schlein (personaggio pubblico) non è qualcosa che possiamo trasferire automaticamente a Paola Belloni (sua compagna).
Nel caso specifico la persona è stata paparazzata, le foto sono state pubblicate senza consenso e si è parlato del suo orientamento sessuale senza sapere se questa donna lo aveva comunicato ai familiari e alle persone intorno a lei.
Il coming out non è un obbligo, chi non lo fa deve avere il diritto di vedere sempre rispettata la propria riservatezza. Quella subìta da Paola Belloni è stata una sorta di violazione di domicilio affettivo perché è sempre necessario il consenso degli interessati per raccontare le loro storie.
Altro esempio è quello del caso del figlio della deputata Rachele Silvestri. Da mesi, infatti, si vocifera che il padre di suo figlio potrebbe essere un importante politico di Fratelli d’Italia e su molti giornali questa notizia è stata trattata anche in modo volgare.
La deputata, assai scossa, ha deciso di mettere fine alle voci sul suo conto. Ha scritto una lettera aperta al Corriere della Sera nella quale rivela: “Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi. E il padre è proprio Fabio, il mio compagno. Naturalmente, non avevo dubbi. Perché, quindi, l’ho fatto? E, soprattutto, perché chiedo che venga riportata la notizia sui giornali? Se la fantasia (o la curiosità) vi sta portando chissà dove, leggete, e poi, mi auguro, vi indignerete insieme a me. Perché, delle volte, la becera realtà arriva a superare anche la più fervida fantasia”.
La Silvestri conclude la lettera in questo modo: “Ho scelto di rendere pubblica questa storia per tutelare mio figlio e Fabio, legittimo papà e mio amato compagno. Il mio augurio è che nessuno sia indulgente con l’autore della calunnia e con chi contribuisce a diffonderla: non siate neutri”.
Le due vicende (Belloni/Schlein e Silvestri) dimostrano che, soprattutto nella sfera delle preferenze sessuali, diventa spesso difficilissimo proteggere la privacy. Spetta ai media operare di volta in volta un bilanciamento tra la riservatezza dei personaggi pubblici e il diritto di divulgare i fatti della loro vita privata.
(C.D.G.)