Nell’arco di quasi 9 anni, tra il 2012 ed oggi, sono sparite dal contesto nazionale circa 80 mila attività di commercio al dettaglio (-14%) e quasi 15 mila imprese ambulanti (-14,8%). Questi sono i dati emersi dall’analisi dell’Ufficio studi di Confcommercio.
Solitamente dopo la tempesta arriva sempre l’arcobaleno, ma in questo caso, purtroppo, non c’è nulla di positivo. Si parla infatti di desertificazione post covid19: questo è il rischio, sempre più concreto, che si ipotizza per il commercio al dettaglio delle vie dello shopping nelle zone centrali ma soprattutto in quelle periferiche di tutto il territorio nazionale.
I dati di Confcommercio evidenziano il clima di forte sofferenza del comparto. Secondo le stime, nel 2021 si perderanno oltre 15 mila attività, in pratica un commerciante su 5 sarà costretto alla chiusura. Continua quindi ad aggravarsi la lunga crisi che già nei precedenti anni aveva portato alla chiusura di oltre 78mila negozi ed attività ambulanti. La situazione più difficile è quella a cui andranno incontro albergatori e ristoratori: se già il dramma si sta facendo sentire ora, nel prossimo futuro, uno su quattro non ce la farà.
I dati risultano estremamente allarmanti perché dall’inizio del nuovo millennio è la prima volta che si registra un trend così pesante. Per le strade milanesi o napoletane, ad esempio, si vedono già gli ingressi di alcuni degli hotel più “in” sigillati con assi di compensato.
Negli anni precedenti le attività legate al turismo come alberghi e consumi fuori casa avevano messo a segno una crescita esplosiva, registrando un +47%.
La pandemia invece ha fatto volare l’e-commerce verso nuovi record e le aziende che sono ricorse al digitale aumentano: la conseguenza è la stata la chiusura di esercizi ed attività “fisiche”, al fine di abbattere una serie di costi che, a causa delle restrizioni, non era possibile sostenere.
Già lo scorso anno le vendite online in Italia hanno superato i 30 miliardi ma è cambiato in modo radicale il mix delle vendite: i prodotti fisici, come la spesa alimentare, mettono a segno una crescita di quasi un terzo, mentre i servizi (come viaggi, assicurazioni ecc..) vedono gli incassi dimezzarsi.
Il timore è che le famiglie che nel 2020 hanno scoperto l’e-commerce, finiscano per disertare i piccoli negozi: quella di questi ultimi è però una lotta impari con i colossi del commercio elettronico ed i loro regimi fiscali privilegiati.
“Per fermare la desertificazione commerciale delle città italiane, bisogna – avverte Carlo Sangalli, presidente Confcommercio- sostenere le imprese più colpite dal lockdown ed introdurre finalmente una giusta web tax che risponda al principio ‘stesso mercato, stesse regole’”. Insomma, parità di carico fiscale tra il cartolaio, il negozio di abbigliamento e la multinazionale online con sede all’estero”.
Sangalli inoltre chiede che venga varato un piano per la rigenerazione urbana con il rilancio dei valori identitari delle città, assieme ad interventi per favorire la digitalizzazione delle imprese del commercio.