Una settimana fa, è stata diffusa la notizia che durante la fase di apprendimento delle Intelligenze Artificiali le leggi sul diritto d’autore non sarebbero state ritenute valide, permettendo alle AI di usare liberamente opere d’arte come libri, scritti, dipinti, film e quant’altro per apprendere e svilupparsi.
In realtà, tutto era cominciato nel 2018, ma i processi sono diventati maturi solo recentemente, ecco il perché del rilievo dato alla notizia. Nel 2019, infatti, era entrato in vigore un emendamento al Copyright Act che permetteva un accesso più libero a dati e materiale di solito protetti da diritto d’autore da parte di programmi di apprendimento automatico.
Tuttavia, nel mondo delle arti popolari come il cinema, i libri e i fumetti, il paese asiatico è stato sempre molto severo con l’uso, l’appropriazione e le citazioni di materiale su cui vige il diritto d’autore. Anche solo usare dei fotogrammi di film giapponesi o delle pagine di manga in volumi, accademici o meno, è sempre stato come entrare in un vespaio di permessi e autorizzazioni di solito negati.
Recentemente, l’Agenzia giapponese per gli Affari culturali ha rilasciato una dichiarazione ufficiale sul rapporto tra AI e copyright. Si sta muovendo verso la creazione di regolamenti contro l’uso commerciale delle Intelligenze Artificiali, norme atte a proteggere il diritto d’autore e di proprietà intellettuale per le opere di artisti e creatori.
Nella fase di sviluppo e apprendimento delle AI, quando queste non hanno scopi commerciali ma di ricerca e istruzione, è possibile l’uso di materiali protetti da copyright, ma queste non devono danneggiare gli interessi di chi detiene il diritto d’autore. La dichiarazione affronta anche le problematiche riguardo a ciò che viene creato dalle AI: se le opere generate fossero significativamente simili o troppo dipendenti da opere già esistenti e protette da copyright, sarebbero possibili azioni legali.
Si tratta di una zona grigia e ancora in pieno sviluppo in cui un po’ tutti si muovono a tentoni, quasi come un’estensione molto più complessa di quanto già accadde con l’avvento delle immagini digitali decenni fa. Non si sa ancora come queste norme verranno messe in pratica o chi stabilirà e quantificherà cosa significhi che due opere sono troppo simili o che una è troppo derivata dall’altra.
Se da una parte lo sviluppo delle Intelligenze Artificiali è ritenuto in Giappone qualcosa di inevitabile e quindi da esplorare come risorsa, dall’altra, l’Agenzia per gli Affari culturali si è sentita in dovere di fare qualcosa per lanciare un messaggio con cui proteggere gli artisti del suo Paese, specialmente in un momento storico nel quale anime e manga rappresentano una forza culturale ed economica non indifferente, all’interno ma anche al di fuori dell’arcipelago.
(F.S)