La pandemia ha accelerato una tendenza iniziata con l’avvento di Internet, che oggi incalza più che mai: le grandi e piccole imprese investono sempre più soldi per pubblicare e pubblicizzare i propri annunci sulle piattaforme social e sui motori di ricerca invece che sulla Tv e sui giornali.
Grazie ai dati forniti da Nielsen sull’anno 2020, si evidenzia come la pubblicità digitale su piattaforme come Google e Facebook abbia superato per la prima volta la spesa per i media tradizionali. I dati infatti regalano l’istantanea di un mutamento al vertice che appare come la quintessenza di un cambiamento dei tempi con cui il mondo dei media inevitabilmente sta facendo i conti.
Risultato: 3.280 miliardi di euro raccolti sul digital (41,9% del mercato e con un dato annuo sceso del 2,1%) e 3.252 miliardi della Tv (41.6% di quota con calo annuo del 9,5%).
Il mese di Dicembre, che in generale è andato bene con raccolta a +3.8%, altro non ha fatto che aumentare la forbice fra i due mezzi, salita dai 10 milioni scarsi di Gennaio-Novembre 2020 ad oltre 28 milioni di euro. Lo spostamento storico della quota di mercato è stato accelerato dall’emergenza da Coronavirus e si prevede che nei prossimi anni il marketing digitale rappresenterà oltre la metà del settore della pubblicità globale.
«La rivoluzione digitale nel marketing è in atto da inizio millennio, da quando Internet rappresentava meno del 2% della spesa, ed ha trasformato il mercato pubblicitario con un ritmo che supera di gran lunga l’avvento della televisione nel 20 ° secolo», spiega il Financial Times. Una tendenza che in questi mesi di emergenza ha amplificato la propria area di influenza, rendendo meno doloroso per i suoi bilanci lo shock economico che sta colpendo l’economia mondiale.
«Negli ultimi tre mesi abbiamo assistito a tre anni di accelerazione digitale», ha dichiarato Johnny Hornby, fondatore di “The & Partnership”, al Financial Times. «Ciò si è manifestato in massicci aumenti delle persone online e massicci aumenti negli acquisti online, la maggior parte dei quali non invertirà la rotta per un ritorno ai canali tradizionali».
La spesa delle piccole imprese, inoltre, è una parte sempre più importante del mercato pubblicitario. E proprio queste aziende sono le «principali consumatrici della pubblicità digitale, per un valore di spesa al di sopra del 50% del totale», ha dichiarato Brian Wieser, responsabile della business intelligence di GroupM.
Oltre i due terzi della pubblicità su Facebook e Google, durante il periodo di emergenza, sono stati finanziati da realtà locali, in quanto «le piccole imprese hanno abbracciato il marketing digitale e la pubblicità per la prima volta durante il blocco solo per mantenere viva l’attività».
Il motivo di questo cambio di strategia è da rinvenire nelle limitazioni imposte a causa della pandemia, per cui le aziende hanno cercato di ridurre i costi e passare ad un marketing online più economico, più mirato agli acquisti piuttosto che alla promozione dei marchi.
A gravare sui bilanci dei media tradizionali, inoltre, non è solo il potere d’acquisto ma anche il comportamento dei consumatori. «Il commercio digitale è enorme e molti settori che in precedenza avevano una bassa penetrazione, come le aziende di prodotti di consumo, vedranno questa come un’opportunità non solo per vendere direttamente ma anche per acquisire dati sui consumatori», ha affermato al giornale Christine Removille, ex presidente dell’agenzia pubblicitaria Carat.
«E’ stato un anno atipico», afferma Alberto Dal Sasso (Nielsen), «dove si sono bruciati in totale 968 milioni di euro». La speranza è che la diffusione a macchia d’olio del digitale non colpisca ancor di più il settore radiotelevisivo e non lo distrugga più di quanto non abbia già fatto.