Le scuole italiane dovranno prestare particolare attenzione al modo in cui comunicano attraverso i servizi di messaggistica istantanea, poiché il rischio di incorrere in violazioni della privacy è dietro l’angolo.
I primi campanelli d’allarme sono giunti dall’estero. Il 31 luglio, l’Information Commissioner’s Office, il Garante della privacy inglese, ha ammonito, in Scozia, un ente pubblico della sanità, poiché alcuni dipendenti si erano scambiati centinaia di messaggi su WhatsApp contenenti dati anagrafici e relativi alla salute dei pazienti. In Spagna, il Garante della privacy si è interessato del caso di un amministrazione comunale che, al fine di mantenere aggiornato chiunque lo volesse in merito alle discussioni e delibere del consiglio, aveva creato un gruppo WhatsApp. Per quanto sia vero che gli enti pubblici hanno obblighi di trasparenza e comunicazione, devono comunque fare attenzione a non diffondere dati personali degli aderenti all’iniziativa.
Da queste decisioni, si possono dedurre alcune indicazioni di massima inerenti al rapporto tra privacy e servizi di messaggistica istantanea, estendibili anche alle scuole, comprese quelle italiane.
In primo luogo, la scuola e il relativo personale scolastico devono fare attenzione a non diffondere dati personali, quali il numero di telefono, l’immagine del profilo e i dati personali delle altre persone presenti nei gruppi di messaggistica. Se i gruppi in questione vengono creati dalla istituzione scolastica o da un professore, è necessario assicurarsi, precedentemente, che non esistano altri canali di informazione più adeguati per raggiungere i destinatari interessati. In caso di risposta negativa, sarà compito della scuola informare idoneamente i partecipanti della chat della possibile circolazione di informazioni.
La seconda avvertenza è di verificare, al momento della creazione del gruppo, della possibile presenza di estranei, cioè di persone non autorizzate a ricevere quelle informazioni e che, pertanto, non possono venire a conoscenza dei dati personali degli individui coinvolti. Un esempio può essere un qualsiasi professore che viene accettato in una chat di gruppo creata per un’uscita didattica, senza però partecipare a tale evento.
Alcuni aspetti deontologici di particolare rilevanza emergono nel caso un professore entrasse a far parte di un gruppo creato dai genitori degli studenti. Il docente dovrà fare attenzione a non impegnare la scuola con i propri post, a non screditarla con le proprie affermazioni e a non anticipare decisioni ancora in corso.
Infine, per quanto concerne gli allegati ai messaggi, si suggerisce di fare attenzione a non includere documenti contenenti dati personali di alunni, famiglie e personale scolastico, specie se riferiti a un solo individuo. È facile, in quest’ultimo caso, che tali informazioni possano essere lette anche da persone non autorizzate.
Infine, per quanto riguarda i gruppi di messaggistica creati esclusivamente dai e per i genitori, i trattamenti di dati per scopi personali non rientrano nel campo di applicazione della normativa sulla privacy. Ciò significa che i genitori saranno liberi di creare gruppi per discutere tra loro di qualsiasi aspetto correlato alla scuola e agli alunni.
SF
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