In un mondo in cui circolano fake news e deepfake, con l’AI che è sempre più efficace nell’imitare il comportamento umano, diventa più difficile distinguere gli esseri umani dai sistemi che li imitano in modo quasi perfetto. Siamo di fronte ad un problema che non si può più ignorare, poiché il rischio aumenta quando questi strumenti vengono utilizzati per scopi dannosi e illegali, come ad esempio frode, disinformazione e cyberbullismo.
In questo contesto, un gruppo di ricercatori di istituzioni come OpenAi, Microsoft, MIT e Harvard ha sviluppato un potenziale rimedio: le “credenziali di personalità”. Queste non rivelano dettagli aggiuntivi sull’identità della persona ma si fondano sulla dimostrazione della sua esistenza attraverso prove “inequivocabili” come passaporti o dati biometrici. Le credenziali verrebbero poi memorizzate sui dispositivi dell’utente. Per utlizzarle il cliente potrebbe presentarle a un fornitore di servizi digitali di terze parti, che le verificherebbero attraverso un protocollo crittografico chiamato “zero-knowledge-proof”.
Gli accademici che hanno elaborato questa soluzione sperano che in futuro governi e aziende possano adottare un sistema simile. Per funzionare in modo efficace queste credenziali dovrebbero essere applicate a livello planetario. Infine, sarebbe opportuno implementare uno schema comune o un regolamento a livello internazionale.
M.M.