Il mese scorso è divampata una polemica su alcune frasi anti-Salvini scritte da un giornalista Rai sul proprio profilo Facebook. E’ opinione comune che si sia trattato di frasi ingiuriose all’indirizzo del leader della Lega e offensive anche nei confronti di sua figlia di sei anni.
Conosciamo la febbre social del Capitano e quindi, se quelle frasi contro di lui non fossero state denigratorie e inopportune ma solo espressione del sacrosanto diritto di critica, il commento più naturale sarebbe stato: chi di social ferisce di social perisce. Sappiamo, infatti, quanto Salvini utilizzi i social per attaccare avversari politici e, in alcuni casi, anche giornalisti.
Ma le cose in questo caso stanno ben diversamente. Le frasi scritte su Facebook dal giornalista di Radio Uno sono risultate a tutti velenose ed eccessive, tanto che la Rai ha avviato un procedimento disciplinare e sta valutando le condizioni per una sospensione cautelativa.
Il giornalista ha replicato di non essere affatto pentito di quel post e, come se non bastasse, ha anche aggiunto: <Io sul mio profilo Facebook scrivo quello che voglio>.
Stupisce che possa aver puntualizzato questo e stupisce ancora di più che l’Ordine dei giornalisti non stia intervenendo. Al di là della policy aziendale della Rai, che già vieta esternazioni social di quel tipo, c’è il Testo unico dei doveri del giornalista, datato 2016, che rappresenta la “magna carta” della deontologia professionale e che stabilisce all’art.2 l’obbligo per i giornalisti di rispettare i principi deontologici anche sui propri profili social.
La propria bacheca Facebook non è una zona franca e di impunità. Il giornalista deve attenersi ai canoni del corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica anche quando non è in servizio e posta contenuti sui propri profili social. La notorietà che ha acquisito facendo il giornalista gli impone una coerenza deontologica anche quando usa canali non giornalistici. Sarebbe ora che l’Ordine dei giornalisti stimolasse i consigli di disciplina a prestare maggiore attenzione ai profili social di chi crede di avere dei doveri verso il pubblico solo quando sta in redazione.