La strada dell’Unione europea per digitalizzare i controlli alle frontiere con un sistema di sorveglianza biometrico è in salita. Inoltre, il ricorso alle tecnologie di Intelligenza artificiale pone un problema sul fronte della protezione dei dati personali. Stiamo parlando del Sistema di entrata e uscita (Entry-exit system, Ees), il programma con cui i Paesi europei vogliono controllare in maniera automatica l’identità dei cittadini extra-Ue che varcano le proprie frontiere.
Eu-Lisa, l’agenzia europea che ha il compito di fornire le infrastrutture informatiche per la gestione dei confini, dei flussi immigratori e della sicurezza interna e che è responsabile del progetto Ees, non sa dire con certezza quando lo avvierà. L’obiettivo è il 2024, ma senza una data certa. Un programma in stallo nonostante Bruxelles stia investendo molti fondi sulla digitalizzazione delle frontiere, con l’obiettivo di costruire giganteschi database comuni nei quali convogliare i dati raccolti ai confini ed attivare controlli automatici.
Il progetto è stato assegnato nel 2019 ad una cordata composta dalle filiali belga del colosso informatico Ibm; da Atos, il campione francese del digitale; da Leonardo, importante impresa italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza. Ma un ritardo chiama l’altro. Tanto che nel suo ultimo rapporto annuale (2022), Eu-Lisa dichiara che «gli effetti di ostacolo dei problemi nella catena di fornitura, combinati con le difficoltà di alcuni appaltatori dell’agenzia nel rispettare le scadenze di implementazione, hanno prodotto ritardi».
C’è un altro aspetto critico nello sviluppo di questo grande progetto informatico: l’uso di dati personali sensibili e di strumenti di Intelligenza artificiale per processarli. Il sistema condiviso di biometria integrerà i dati di «oltre 400 milioni di cittadini di Paesi terzi con le loro impronte digitali e volti» e saranno adoperati algoritmi di riconoscimento facciale per incrociare le informazioni. Una ricerca commissionata da Eu-Lisa sottolinea che «va fatta una valutazione attenta sul bilanciamento tra protezione dei dati e performance dei sistemi, focalizzandosi sui benefici e sugli svantaggi dell’uso di dati reali per allenare i sistemi di machine learning».
L’Ai act, il futuro pacchetto di norme sull’Intelligenza artificiale, si basa proprio su questi aspetti. Insomma, la digitalizzazione dei controlli non è solo questione di tempo e di soldi, ma alle frontiere dell’Europa si gioca una grossa partita sulla privacy.
F. S.