Dalla ricerca è emerso che l’incremento degli attacchi informatici, insieme con l’ampliamento dello spettro del cyber risk, influenza le condotte di vita degli italiani. Per questo motivo è opportuno promuovere una maggiore consapevolezza collettiva sul tema della cybersecurity, che includa quei gruppi che per condizione sociale, culturale o anagrafica, oltre a essere più a rischio di digital divide, rappresentano le componenti più deboli dell’ecosistema digitale.
I dati presentati nel Rapporto hanno descritto la crescita del cybercrime. Infatti, nel 2022 gli attacchi informatici a infrastrutture sono più che raddoppiati rispetto all’anno precedente (+138%). Tra il 2012 e il 2021, nell’arco di quasi dieci anni, i reati informatici denunciati all’Autorità giudiziaria dalle Forze di Polizia sono raddoppiati (+155,2%) in controtendenza con l’andamento totale dei reati (-25,4%). Sono Milano e Roma a guidare la classifica delle prime 10 Province per numero di reati informatici denunciati (rispettivamente 24.077 e 21.637). È, però, Torino a primeggiare per numero di reati in rapporto alla popolazione (7,8 reati ogni mille abitanti).
La trappola in cui cadono sempre più italiani è rappresentata da messaggi o e-mail fasulle utilizzare per ottenere i dati sensibili degli utenti. Come dimostrano i dati del Rapporto CENSIS-IISFA, nel corso del 2022 al 76,9% degli italiani è capitato di imbattersi in una minaccia informatica, con l’87,3% nel range tra i 18 e 34enni. Smishing e phishing sono le tecniche più utilizzate: al 60,9% è stato recapitato un sms o un messaggio su Whatsapp con inviti a cliccare su link sospetti, mentre il 56% ha ricevuto e-mail in cui venivano richieste informazioni sensibili da parte di account falsi di banche o aziende. L’obiettivo dell’hacker è infatti quello di ottenere dati bancari o personali da poter riutilizzare.
Oggi la sicurezza sul web influenza la vita degli italiani. Infatti, il cyber risk può avere un impatto sulla vita delle persone, condizionando la sfera emotiva e i comportamenti degli italiani. Il 62,9% degli intervistati da ha denunciato uno stato di preoccupazione a causa di questo problema, mentre il 53,2% ha paura che i propri dati possano essere rubati. In un quarto della popolazione, il timore si traduce nella limitazione dei collegamenti alla rete e della presenza online.
“L’incremento dei dati informatici – ha rilevato Bruno Frattasi, Direttore Generale Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale – è un fattore correlato all’aumento della superficie digitale che è stato il risultato un po’ anche della pandemia. Stiamo utilizzando sempre di più i mezzi digitali in correlazione a quella che è la trasformazione digitale del Paese, che è un bene che avvenga ed è un processo che non si deve fermare. La missione che abbiamo come Agenzia è quella di far capire a tutti che la trasformazione digitale deve avvenire in sicurezza, ovvero attraverso continui e adeguati investimenti nel campo della sicurezza informatica”.
“Il Rapporto è uno strumento completo per orientare la nostra azione in termini di progetti e risorse. La fonte di attacchi principali – ha detto Ivano Gabrielli, Direttore Polizia Postale – rimane quella di matrice criminale, aumenta la percezione del rischio da parte dei cittadini. È fondamentale puntare sulla formazione delle persone e porre maggiore attenzione sul tema degli investimenti”.
In conclusione, in Italia servono più esperti di cybersecurity. Le imprese continuano ad avere difficoltà a trovare esperti nel campo, dato confermato dall’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale, secondo cui servirebbero almeno 100.000 esperti in più per compensare la domanda. Tra le professioni più ricercate ci sono il software developer, il data engineer, ma anche il cyber security specialist, figura fondamentale per la transizione digitale. Per questa ragione, le università stanno sviluppando nuove lauree specifiche: 13 nel 2022 e 26 nel 2023, con 234 corsi universitari in cui è presente la cybersecurity come materia d’insegnamento.