Presso il Policlinico Gemelli di Roma, un’équipe medica ha condotto con successo un intervento senza precedenti che ha evitato l’amputazione di una mano, utilizzando una protesi realizzata tramite stampa 3D. Questo innovativo procedimento, ancora utilizzato solo in pochi centri ospedalieri all’avanguardia, rappresenta un’innovazione di grande interesse per la medicina del futuro. Richiede competenze specifiche nell’uso dei software di ricostruzione anatomica e nell’impiego delle stampanti 3D nell’ambito clinico.
Negli ultimi dieci anni, l’attenzione del personale sanitario a livello internazionale si è concentrata sempre di più sulla stampa 3D. Nonostante nell’ambito medico coesistano due approcci, uno entusiasta e l’altro più prudente, molti ospedali stanno considerando la creazione di laboratori 3D interni per analizzare casi clinici complessi. Alla luce di questo recente successo a Roma, è opportuno approfondire l’argomento e comprendere le prospettive che la stampa 3D può aprire per la medicina del futuro.
La stampa 3D è una tecnologia che consente di creare oggetti materiali partendo da modelli virtuali tridimensionali. Tutto inizia con la creazione di un modello 3D attraverso il computer, che viene inviato a una stampante speciale. Una volta ricevuto il comando, la stampante è in grado di trasformare il modello in una forma fisica, utilizzando diversi materiali. Questa tecnologia è nata intorno al 1986 grazie all’ingegnere statunitense Chuck Hull.
Sebbene la stampa 3D possa essere applicata a vari settori, dall’arte all’aeronautica, essa suscitò immediatamente interesse nel campo biomedicale, in particolare nelle tecnologie mediche. La prima disciplina a utilizzare direttamente la stampa 3D nella pratica clinica fu l’odontoiatria nel 1990. Successivamente, furono realizzati i primi prototipi di protesi stampate in 3D per l’ortopedia, studiandone le potenzialità.
Attualmente, quando si parla di stampa 3D in campo medico, prevale ancora la produzione di modelli anatomici non impiantabili utilizzati per la preparazione pre-operatoria. Tuttavia, un numero significativo di sforzi è dedicato alla creazione di dispositivi compatibili con il corpo umano, che hanno dimostrato la propria efficacia.
In Italia sono stati compiuti passi significativi nell’utilizzo medico della stampa 3D. Nel 2007, ad esempio, il chirurgo italiano Guido Grappiolo fu il primo al mondo a impiantare una coppa dell’anca stampata in 3D su un paziente. In quel caso, la protesi in titanio presentava una struttura cellulare esagonale che imitava l’osso.
L’obiettivo era “ingannare” l’osso ospitante, facendogli credere che la nuova protesi facesse parte dell’osso stesso, e i risultati furono sorprendenti.Lo stesso approccio è stato applicato di recente a Roma, presso il Policlinico Gemelli, dove una donna trentanovenne affetta da un raro tumore al polso ha potuto evitare l’amputazione della mano destra grazie all’impianto di una protesi stampata in 3D. Questa protesi su misura, realizzata in base alle indicazioni degli ortopedici del Policlinico, è stata creata da un’azienda italiana.
È importante sottolineare l’importanza di questa forma di chirurgia personalizzata. A differenza di parti del corpo come l’anca o il ginocchio, non esistono protesi “industriali” già pronte per il polso. L’uso di una protesi creata su misura ha permesso all’équipe del Policlinico Gemelli di adattare l’intervento alle esigenze specifiche, garantendo una fedele riproduzione delle parti anatomiche. Grazie a questo approccio, non solo sono state ripristinate gravi compromissioni delle abilità motorie, ma è stato anche compiuto un importante passo avanti verso la medicina del futuro.
Attualmente, diverse discipline cliniche utilizzano la stampa 3D. L’odontoiatria e la chirurgia maxillo-facciale sono quelle che ne fanno un uso più attivo, seguite dall’ortopedia, dalla cardiochirurgia, dalla chirurgia generale e dalla neurochirurgia. È importante sottolineare che le stampanti 3D sono in grado di produrre modelli rigidi e poco complessi, mentre è più complesso stampare parti anatomiche che richiedono materiali morbidi.
La letteratura medica concorda ampiamente sui vantaggi di questa tecnologia. Oltre a ridurre la durata delle operazioni e i rischi intra e post-operatori, come dimostrato dal primo trapianto di orecchio stampato in 3D dello scorso anno, la stampa 3D migliora le prestazioni dei chirurghi, che possono simulare l’intervento su un modello prima di eseguirlo effettivamente. Inoltre, l’uso di parti anatomiche stampate in 3D facilita la comunicazione tra medico e paziente quando quest’ultimo deve dare il proprio consenso alla cura.
L’obiettivo della stampa 3D è avvicinarsi sempre di più alla rigenerazione dei tessuti umani. L’evoluzione rappresentata dal bioprinting, che consente di stampare cellule e materiale extracellulare per intervenire sui tessuti danneggiati, apre già una finestra sulla medicina del futuro, facendocene intravedere le prospettive.
(F.S)