Da mesi stiamo dedicando ampio spazio all’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale e dunque abbiamo deciso di promuovere un confronto tra le principali startup italiane che si occupano di Intelligenza Artificiale e nuove tecnologie al fine di stimolare una collaborazione più proficua, favorire lo scambio di idee e best practices, e promuovere una maggiore consapevolezza pubblica sull’importanza e gli impatti di tali tecnologie nella società contemporanea.
Oggi pubblichiamo l’intervista di Fabrizio Milano d’Aragona, Consigliere Assintel (Associazione Nazionale Imprese ICT) e Coordinatore dell’Assintel AI Think Tank.
- Come valutate il livello di preparazione delle imprese italiane nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale rispetto ai competitor internazionali?
Prima di rispondere è doveroso fare una premessa, che riguarda l’AI come mercato più che come paradigma tecnologico. Se è vero, infatti, che da qualche decennio si parla dell’Intelligenza Artificiale nel mondo della ricerca accademica o nei laboratori di R&D delle aziende, possiamo dire che solo negli ultimi anni stiamo concretamente assistendo all’adozione dell’AI da parte delle strutture di business delle imprese e anche di diverse funzioni aziendali. Escludendo, infatti, i grandi operatori digitali e le realtà finanziarie internazionali, che sono state le prime beneficiarie dell’AI, parliamo di un mercato in una fase di formazione anche se con tassi e proiezioni di crescita estremamente significativi. In questo scenario generale, il panorama delle imprese italiane è sicuramente molto diversificato, e, come abbiamo rappresentato nel nostro Assintel Report 2023, la prima sostanziale differenza da fare è tra grandi aziende e PMI. Ad oggi la maggior parte degli investimenti in digitalizzazione e conseguentemente in AI sono effettuati soprattutto dalle large corporate. Data, quindi, la dinamica del nostro tessuto economico, questa disparità pone l’Italia sicuramente in ritardo rispetto ad altri Paesi europei. Anche per esempio l’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano che ha stimato nel 2023 un incremento del 52% nello sviluppo del mercato dell’AI in Italia, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, sottolinea come questi investimenti riguardino principalmente le grandi aziende. Sei grandi imprese italiane su dieci, inoltre, hanno già avviato un qualche progetto di Intelligenza Artificiale, almeno a livello di sperimentazione, ma ben due su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale). Da quello che riscontriamo esiste anche un divario rispetto ai competitor internazionali, soprattutto in termini di investimenti in R&D, in adozione di tecnologie avanzate e disponibilità di competenze che attenzione non sono soltanto tecniche. Questo è dovuto anche alla differenza di risorse di investimento che nei vari paesi sono destinate al mondo dell’innovazione. L’AI Think-Tank di ASSINTEL, punta a creare un ponte tra le aziende che adottano l’AI e l’ecosistema dell’innovazione proprio per colmare questo gap e per far capire anche alle istituzioni come l’AI potrà essere un motore di crescita strategico anche per il nostro paese. Possiamo dire che siamo appena all’inizio di una tendenza epocale ma non bisogna perdere troppo terreno.
- Quali sono le principali sfide che le imprese italiane affrontano nell’adozione e nell’implementazione dell’Intelligenza Artificiale, secondo l’esperienza dell’associazione ASSINTEL?
Le sfide principali identificate includono la mancanza di competenze specializzate all’interno delle organizzazioni, la difficoltà di accesso al capitale necessario per finanziare progetti innovativi, e una certa riluttanza culturale al cambiamento e all’adozione di nuove tecnologie. La digitalizzazione dell’impresa e una cultura dell’importanza del dato all’interno delle aziende sono tipicamente fattori abilitanti per l’AI. E sono quindi anche necessarie attività di reskilling per adattare le diverse funzioni aziendali a questo nuovo scenario. Le imprese non padroneggiano sufficientemente le conoscenze relative alle nuove tecnologie e si nutrono di dubbi e pregiudizi. Ecco perché risulta sempre più chiave creare un ponte che investa in una formazione continua per poter utilizzare e comprendere i nuovi strumenti disponibili per la crescita del tessuto imprenditoriale: l’AI ottimizzando attività altamente operative, va infatti a vantaggio di attività strategiche e della qualità della vita lavorativa delle persone in azienda. Negli anni l’innovazione è stata vissuta come un elemento di rischio, mentre se abbiamo imparato una cosa dal recente passato, è che il vero rischio è non innovare.
- Quali sono le iniziative e i programmi promossi dall’associazione per supportare le imprese italiane nell’adozione e nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale?
L’AI Think-Tank di ASSINTEL, in primo luogo, ha la missione di fungere da vero e proprio business translator per rendere l’AI più comprensibile per le aziende della domanda di tutte le dimensioni, eliminando anche il rumore di fondo che spesso non fa altro che confondere le idee. Per questo motivo promuoviamo una serie di iniziative specifiche per il tessuto imprenditoriale come la realizzazione di survey e report per mappare lo stato dell’arte e le esigenze delle imprese; l’organizzazione di eventi, seminari e workshop per la diffusione delle conoscenze e delle best practices in materia di AI; a breve partiremo anche con programmi di formazione e aggiornamento professionale. L’obiettivo, quindi, è accelerare l’adozione dell’AI, migliorando la competitività del sistema produttivo italiano.
- Qual è la vostra opinione riguardo all’AI Act?
Come ho già avuto modo di esprimere in diverse occasioni, il dibattito intorno all’Artificial Intelligence per stabilire un framework sull’uso dell’AI a livello europeo è l’occasione per stabilire i parametri di quella che si sta rivelando essere una delle rivoluzioni tecnologiche più pervasive di sempre. L’AI, infatti, non si limita ai modelli generativi, che ormai sono piuttosto noti e accessibili agli utenti finali, ma può essere considerata un vero e proprio acceleratore per qualsiasi business grazie a una svariata gamma di applicazioni che sfruttano l’AI in quanto “attivatori di dati” per ottimizzare processi aziendali, migliorare l’efficienza produttiva oltre che le attività di sviluppo di business. L’AI Act quindi per sua natura deve cercare di bilanciare il trade-off tra la necessità di garantire una regolamentazione e quella di favorire lo sviluppo dell’innovazione: è quindi uno strumento imprescindibile per veicolare principi e linee guida per la tutela dei cittadini nell’uso dell’AI, ma è fondamentale che la regolamentazione non imponga barriere eccessive all’innovazione in ambiti cruciali per il miglioramento di ogni Paese europeo. Occorre lavorare tutti insieme, ad esempio, perché l’AI Act possa concretizzarsi nel miglior statuto possibile per il nostro ecosistema imprenditoriale e che i protagonisti siano persone con competenze sia tecniche che di business, dato che tali scelte avranno un impatto considerevole sul progresso economico dell’Italia e sulla sua competitività internazionale a lungo termine. Accanto alle regole sarà inoltre necessario che le istituzioni e gli operatori ad esse collegate destinino adeguate risorse finanziarie e incentivi per supportare e accelerare l’adozione dell’AI in particolare da parte delle PMI.
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