Nel panorama odierno assumono una valenza sempre più strategica in azienda due tipologie di architetture informatiche: cloud ibrido e multicloud; ogni azienda può scegliere tra questi due tipi di architetture.
Dalla recente indagine dell’Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano, lo scenario più frequente è quello che vede le configurazioni di tipo hybrid. L’ indagine dimostra come il 77% delle aziende si avvale di servizi in cloud integrati con applicazioni aziendali on-premises, ospitate nel proprio data center oppure affidate a un tradizionale servizio in outsourcing.
In questo caso l’azienda utilizza cloud pubblico, cloud privato e soluzioni on-premises. Si può optare per un hybrid cloud quando, ad esempio, un private cloud prevede costi più contenuti rispetto a un public cloud, ma non permette una semplice scalabilità.
Nel secondo del multicloud, invece, l’azienda utilizza più servizi cloud della stessa tipologia, o tutti pubblici o tutti privati, erogati da diversi fornitori con l’obiettivo di ridurre i cicli di sviluppo, per accelerare il time-to-market. La particolarità sta nella capacità di connettere i servizi di diversi provider, gestendoli in modo centralizzato; in questo modo si possono utilizzare le caratteristiche distintive di ciascun sistema in modo sinergico garantendo la massima agilità, flessibilità e continuità operativa.
La flessibilità del multicloud consente di trovare la soluzione ad hoc per ogni singola esigenza: un cloud proprietario adatto per l’hosting, un cloud per l’archiviazione di dati pubblici o un cloud con elevata scalabilità per ospitare sistemi dalla frequenza di utilizzo variabile.
Tra i benefici che le aziende ricercano e apprezzano nell’evoluzione verso ambienti hybrid e multicloud vi sono: la rapidità di ottenimento dei servizi necessari, diminuzione del tempo di risposta per le attività che hanno priorità elevata, garantire l’adesione alle normative sulla protezione dei dati, il risparmio in termini di tempo, di costi e di spazio fisico, la scalabilità. Quest’ultima in particolare consente alle aziende di utilizzare un numero superiore o inferiore di data center virtuali in base alle proprie specifiche esigenze.
(C.D.G.)
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