Nei sessant’anni dall’approvazione della legge istitutiva dell’Ordine, 3 febbraio 1963 n. 69, la professione giornalistica ha vissuto cambiamenti legati a una società che si è evoluta in modi complessi, sicuramente non prevedibili dal legislatore. L’apparire di nuove opportunità di informazione e comunicazione, consentite dalle tecnologie, richiede una profonda innovazione della nostra legge istitutiva.
I consiglieri hanno convenuto sull’urgenza di modificare le norme che regolano la professione giornalistica, ferme al 1963. Il documento sarà oggetto di ulteriori riflessioni da parte del Consiglio nazionale, dei presidenti e dei vice presidenti nazionali, che potranno suggerire ulteriori modifiche in aggiunta. Il testo finale sarà messo in votazione alla prossima riunione del Consiglio nazionale dell’Ordine, prevista per la metà di luglio.
Il documento propone l’istituzione di una laurea magistrale in giornalismo, in alternativa sarà richiesta una laurea triennale come requisito per poter accedere a corsi specialistici controllati e vigilati dall’Ordine.
L’obiettivo principale della riforma è quello di incrementare il livello formativo delle nuove generazioni giornalisti, creando un percorso che si concentra su studi universitari specifici. Il legislatore dovrà decidere se far accedere all’esame di Stato solo ed esclusivamente coloro che avranno eseguito il percorso universitario.
Nel caso dell’acquisizione della laurea in altre facoltà, il successivo biennio di specializzazione dovrà essere concentrato su un tirocinio della durata di 18 mesi nell’arco di due anni. In conclusione, si potrà procedere all’iscrizione all’albo soltanto superando un esame di idoneità, al termine di un percorso formativo costituito dall’acquisizione di una laurea magistrale in Giornalismo o di una laurea triennale in qualsiasi disciplina, seguita da un corso specialistico o da un master di giornalismo riconosciuto dall’Ordine.
L’esame di idoneità professionale dovrà verificare la cultura generale del candidato e quella specifica relativa al giornalismo (norme di legge e norme deontologiche), secondo quanto già disposto dall’articolo 32 della legge 69/1963, tenendo conto delle diverse integrazioni introdotte nel tempo, oltre a verificare la preparazione del giornalista attraverso scritti, immagini e audio sui diversi mezzi di comunicazione.
In attesa della riforma e dell’entrata in vigore del nuovo sistema di accesso alla professione, si dovrà considerare la possibilità che il legislatore anticipi l’introduzione del possesso della laurea, triennale o magistrale, fissando un periodo minimo del percorso formativo. Ogni Ordine regionale è chiamato a vigilare sullo svolgimento sotto qualsiasi forma del praticantato, designando un giornalista professionista con il ruolo di tutor.
A conclusione del periodo di formazione e in particolare dei 18 mesi di praticantato, il presidente dell’Ordine regionale, acquisita la relazione finale del tutor e dopo aver verificato la sussistenza e la continuità dei requisiti prescritti, rilascia la dichiarazione di compiuta pratica di cui all’attuale art. 43, comma 3, del D.P.R. 115/1965.
L’articolo 1 della legge del 1963, istituendo l’Ordine dei giornalisti, ha distinto tra professionisti e pubblicisti, riconoscendo come pubblicisti coloro che “svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni e impieghi”. La responsabilità dell’Ordine sarà quella di garantire nel pubblicismo un più alto livello formativo.
Si chiederà, in parziale analogia con quanto avviene per il professionismo, almeno una laurea di primo livello, condizione prioritaria. Al termine del percorso, della durata di due anni, il Consiglio regionale, valutata l’attività giornalistica e i relativi compensi, predispone un colloquio finale di ingresso per accertare la preparazione dell’aspirante pubblicista. Se l’esito risulterà negativo, il colloquio non potrà essere ripetuto prima di tre mesi.
In conclusione, la professione giornalistica non si esercita più soltanto sui media tradizionali, ma pure su nuove piattaforme digitali, con prodotti collettivi e individuali, comunque destinati a un organo di informazione strutturato e attraverso di esso a un pubblico indeterminato e indeterminabile, promuovendo nuove figure di lavoratori dell’informazione e della comunicazione.
S.B.